Formazione

L’OSS e l’approccio al paziente con disabilità

I soggetti diversamente abili

Per secoli la condizione dei portatori di handicap ha rispecchiato un modello di società in cui la menomazione viene considerato un male da nascondere, espressione della punizione divina e marchio dell’infamia. Il termine handicap è stato a lungo sinonimo di menomazione, minorazione e disabilità, contribuendo a determinare una classifica sociale che ha finito per creare una discriminazione tra le persone <<normali>> e <<anormali>>. La menomazione fisica, interpretata come la negazione delle abilità indispensabili all’uomo per garantire la propria autonomia, è diventata, di conseguenza, fattore discriminante nell’integrazione sociale e forte motivo di emarginazione.

Sono in principi sanciti dalla rivoluzione francese, con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, a stabilire per la prima volta il diritto dell’uguaglianza per tutti gli uomini, a prescindere dal ceto sociale, dal sesso, e dalla razza, dalle condizioni fisiche e psichiche.  Tra Otto e Novecento, in Italia, l’educazione del diversamente abile avviene in strutture speciali gestite dai Comuni, con una loro autonomia nel settore scolastico.

Nel ventennio fascista i bambini portatori di handicap vengono sottratti alle famiglie e destinati ad appositi istituti riabilitativi. All’educazione e all’inserimento scolastico si sostituisce, cosi, il principio della medicalizzazione, che finisce però col collocare i soggetti <<diversamente abili>>ai margini della società. L’handicap, insomma, viene considerato una vera e propria malattia.

Il primo documento ad affermare i diritti dei diversamente abili nel nostro  Paese è stata la Costituzione, che con gli articoli 3,34,e36 stabilisce l’uguaglianza, il diritto allo studio da parte di tutti i cittadini e definisce i compiti dello stato nel rimuovere ogni tipo di ostacolo alla piena affermazione del cittadino. All’articolo 3, in particolare, si legge che <<tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali>>.

Nel 1959 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la Dichiarazione dei diritti del Fanciullo, stabilisce che <<ogni bambino con menomazione fisica, mentale e sociale, ha diritto di ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui ha bisogno per il suo stato e la sua condizione sociale>>. Tra il 1960 e 1970 si assiste alla cosiddetta istituzionalizzazione dei soggetti portatori di handicap,con la conseguente emarginazione mediante il ricovero in istituti riabilitativi.

Dal 1968 la <<diversità>> comincia a essere considerata una risorsa da riconoscere e integrare socialmente sulla scia dei principi di uguaglianza sociale, recuperando la dignità dei soggetti portatori di handicap con il loro graduale inserimento nella scuola e nella vita sociale e lavorativa. Nel 1971, con la legge 118, in favore degli invalidi e mutilati civili, si realizza nel nostro paese una svolta nel processo  d’integrazione, con l’eliminazione in tutti gli uffici pubblici, nelle scuole e nelle istituzioni d’interesse sociale delle <<barriere architettoniche>>, prevedendo norme sul trasporto, sul lavoro, sulla prevenzione e sulla riabilitazione dei soggetti con disabilità.

L’Assemblea Generale dell’ONU del 20 dicembre 1971 ha proclamato il diritto del subnormale mentale alle cure mediche e alle terapie più appropriate al suo stato, nonché all’educazione, all’istruzione, alla formazione, alla riabilitazione, e alla consulenza che aiuteranno il soggetto diversamente abile a sviluppare al massimo le sue capacità e attitudini. Nel 1986, a Gerusalemme, la Lega internazionale delle associazioni in favore dei disadattati, ribadendo il concetto che nessuna persona mentalmente disadattata, deve essere esclusa dalle del suo stato a causa delle spese che comporterebbero, ne ha confermato il diritto a ricevere le dovute cure, il trattamento, l’educazione e l’istruzione necessari alla sua condizione in vista della guarigione più completa possibile, qualsiasi sia il grado di deficienza o incapacità del l’individuo.

L’OSS e la classificazione di menomazione, disabilità e handicap

Nel 1980 L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un documento  International Calassification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH)  per definire, appunto, la <<menomazione>>, la <<disabilità>> e l’ <<handicap>>.

In base al documento dell’ICIDH, si distingue in riferimento alla problematica specifica menomazioni:

  • Della capacità intellettiva;
  • Psicologiche di altro genere;
  • Del linguaggio e della parola;
  •  Auricolari;
  • Oculari;
  • Viscerali;
  • Scheletriche;
  • Deturpanti;
  • Generalizzate, sensoriali e di altro tipo.

In quanto perdita dell’efficacia fisica di una persona, la <<menomazione>> (in inglese impariment) viene descritta nell’International Cassfication of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come l’esteriorizzazione di uno stato patologico. Nell’ambito delle conoscenze e delle opere sanitarie, invece, l’OMS intende per menomazione qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche, o anatomiche della persona.

Se la menomazione si riferisce alla tipologia strutturale e funzionale del danno o del fenomeno anomalo, la <<disabilità>> riguarda l’incapacità o riduzione di compiere quel gesto o attività causata dalla patologia. Le disabilità possono avere un carattere transitorio o permanente ed essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive. Possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione psicologica del soggetto a una menomazione e sono la manifestazione di un <<fare>>e di <<agire>>che si differenzia, per eccesso o per difetto, dai comportamenti degli altri individui.

Esempi di disabilità sono i disturbi e le difficoltà riscontrate che impegnano la persona nelle azioni di vita quotidiana, come, ad esempio, la capacità di lavarsi le mani, di alimentarsi o di camminare.

In rapporto alla classificazione ICIDH, le disabilità si distinguono:

  • Nel comportamento;
  • Nella comunicazione;
  • Nella cura della propria persona;
  • Locomotorie;
  • Dovute all’assetto corporeo;
  • Nella destrezza;
  • Circostanziali;
  • In particolari attività;
  • Altre restrizioni all’attività

Il documento di classificazione ICIDH, distingue le varie tipologie di handicap tra:

  • Nell’orientamento;
  • Nell’indipendenza fisica;
  • Nella mobilità;
  • Occupazionali;
  • Nell’integrazione sociale;
  • Nell’autosufficienza economica;
  • di altro genere

La classificazione ICF

Il 22 gennaio 2001 è stata approvata dal Comitato Esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo essere stata accettata da 191 Nazioni, una risoluzione che invitava tutti i Paesi ad adottare una nuova classificazione, dal titolo International Classification Of Functioning , Disability and Health (ICF), che ha ulteriormente cambiato l’approccio al problema della disabilità, partendo dalla definizione di stato di salute della persona per associarvi un deficit, superando definitivamente il concetto di handicap.

Nella classificazione ICF, infatti, la disabilità viene intesa quale conseguenza di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano in un ambiente con caratteristiche che possono limitare le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.

L’ICF, collegando il fattore ambientale allo stato di salute della persona, promuove un modo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permettono di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare affinché la persona possa raggiungere il massimo grado di realizzazione personale.

L’’ICF è suddiviso in due parti principali:

Parte 1- Funzionamento e Disabilità

Parte 2- Fattori contestuali.

Ogni parte è formata da due componenti:

Parte 1 Funzionamento e Disabilità

  • funzioni e strutture corporee, comprende due classificazioni una per le funzioni dei sistemi corporei e una per le strutture corporee,
  • attività e partecipazione, comprende l’insieme completa delle aree indicanti gli aspetti del funzionamento da una prospetti sia individuale che sociale.

Parte 2 Fattori contestuali:

  • fattori ambientali, comprende l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui vivono le persone che possono avere un’influenza sulla capacità dell’individuo di eseguire azioni o compiti, o sul suo funzionamento o sulla struttura del copro;
  • fattori personali, sono lo strato sottostante personale della vita e dell’esistenza del soggetto che possono giocare un certo ruolo nella disabilità ma vengono classificati nell’ICF.

Il modello concettuale alla base della classificazione prevede le che componenti citate interagiscano tra loro sul presupposto delle condizioni di salute (disturbo/malattia): funzioni e strutture corporee, attività , partecipazione sociale e vengono influenzati da fattori ambientali e personali in modo da determinare il grado di disabilità del soggetto in relazione al caso specifico.

L’OSS e il supporto alla famiglia con paziente disabile

Le disabilità

La persona presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione  o di integrazione lavorativa ed è tale da determinare uno svantaggio sociale o, alle volte arrivare, anche all’emarginazione.

In realtà questa è una definizione di carattere estremamente generale, in considerazione del fatto che esistono numerose forme di disabilità ognuna delle quali necessità di uno specifico trattamento a livello clinico, a livello di integrazione sociale ed a livello assistenziale.

L’elenco delle diverse forme di disabilita ci aiuterà a comprenderne meglio la questione.

Le disabilità si suddividono in:

  • Disabilità motorie: Possono essere dovute a malformazioni organiche o dovute a lesioni riguardanti il sistema nervoso centrale. Ne possono derivare la spasticità, la rigidità muscolare; l’atassia (difficoltà di coordinazione motoria); l’ateosi (presenza di movimenti involontari). Altri disturbi possono riguardare l’equilibrio, la sensibilità muscolare e quella tattile, il linguaggio, la deglutizione, la motilità oculare, la manipolazione. Il fatto poi che le cause che abbiamo elencato si verifichino per il 30% in gravidanza e per il 50% durante il parto da un’idea abbastanza chiara del’immenso campo di azione che una corretta politica di prevenzione e di educazione sanitaria siano fondamentali per prevenire queste disfunzioni fisiche.
  • Disabilità visive: All’interno di questa categoria possiamo ritrovare dalla cecità totale all’ambliopia (riduzione della capacità visiva) allo strabismo (cattiva convergenza oculare).
  • Disabilità uditive: Vanno dalla sordità alla sordastria (sordità parziale), alla sordità per certi suoni e alla ipoacusia ( forma leggera di sordità).
  • Disabilità intellettive:  Sono definite anche <<ritardi mentali>>, possono essere causati da infezioni in gravidanza, anomalie genetiche etc. Il ritardo mentale può essere associato a scompensi neurologici, propri degli handicap di tipo motorio che comportino arresti o regressioni dello sviluppo psicomotorio, spasticità, atassia.
  • Disabilità del linguaggio: Sono spesso dei disturbi associati a qualche altro tipo di haindcap. Di solito, queste diasabilità vengono distinte in afasie e disfasie (disturbi del linguaggio dovuti a lesioni del sistema nervoso centrale); disfonie (disturbi delle componenti fonetiche dovuti a lesioni congenite o acquisite o a malformazioni che riguardano i nervi  coinvolti nel processo vocale); disartrie (disturbi delle componenti motorie dovuti a malformazioni o lesioni che interessano i muscoli coinvolti nel processo motorio); dislalie (disturbi che riguardano la formazione scorretta di uno o più suoni).

L’epilessia indica un danno celebrale rilevabile mediante l’elettroencefalogramma. Consiste in una scarica violenta di alcune cellule nervose, per cui l’organismo manifesta un’interruzione temporanea delle coscienza cui può far seguito la contrazione di alcuni muscoli. È per questo che l’operatore, nella gestione del momento in cui avviene la crisi epilettica dovrà fare in modo che non si ferisca, involontariamente, ma senza contenerla.

L’autismo si manifesta in  comportamenti caratteristici dell’individuo che cerca di eludere il contatto interpersonale, sia a livello di sguardo che e di comunicazione verbale. Il soggetto autistico appare piuttosto interessato alla manipolazione automatica e ripetitiva di oggetti.

L’Oss e il supporto alla famiglia con paziente disabile

In questo caso l’empatica e l’aiuto, risultano due elementi indispensabili da parte dell’operatore socio-sanitario, nel supportare e comprendere cosa significa per una famiglia ,affrontare la notizia della disabilità di un figlio o di un parente stretto costituisce una forma di sostegno basilare, per addentrarsi al meglio nella complessità dei fattori che definiscono il contesto ambientale in cui avviene l’incontro con la persona disabile.

Questo ci aiuta quindi anche a capire come si <<crea>> come si  <<genera>> a contatto con gli altri l’immagine che il disabile ha di sé. Sappiamo infatti che la costruzione dell’ <<identità>> personale è naturalmente mediata dal rapporto con il contesto psico-sociale di appartenenza: la percezione di  <<essere se stessi>> si collega sempre in stretta relazione con l’insieme di immagini, di interpretazioni, di percezioni che l’ambiente in ci viviamo (sia esso familiare, affettivo, scolastico o genericamente sociale).

In buona sostanza la costruzione del nostro universo caratteriale viene condizionata dalla risposta data dall’ambiente in cui viviamo.

Secondo alcuni studi la reazione dei genitori quando scoprono di essere venuti a conoscenza della disabilità di un loro figlio suscita qualcosa simile a ciò che ci colpisce dinanzi ala morte di una persona amata: incredulità, rabbia, rivendicazione, risentimento, spesso si prova anche senso di colpa. Nell’istante in cui ci arriva questa triste notizia nella nostra mente si materializza un vero e proprio processo di lutto. Quando nasce un bambino  <<con problemi>>, il processo per l’auto-accettazioni dell’evento che si è verificato si manifesta in modo molto più evidente.

La famiglia, di fronte all’evento, porta con sé l’esigenza di ritagliarsi uno spazio autonomo, un luogo dedicato a vivere intensamente ed elaborare a fondo il processo di lutto: una necessità quasi sempre trascurata perché troppo spesso tralasciata dall’urgenza prioritaria di <<occuparsi>> del figlio disabile.

Alcuni studiosi individuano quattro stadi o fasi di crisi, che in relazione di come vengono vissute dai genitori, possono rendere l’elaborazione della notizia ricevuta come un processo meno drammatico in certi casi persino positivo (alcuni psicologi ritengono il superamento riuscito del <<lutto>> possa produrre una sorta di effetto  <<generatore a vita>>.

Le quattro fasi di questo processo sono:

Prima Fase. L’impatto. La scoperta o la notizia di una disabilità risulta sempre traumatica;  anche in alcuni casi in cui l’evento sia in qualche modo atteso o presagito. Generalmente, la sensazione narrata dai familiari di un soggetto colpito da disabilità improvvisa è quella di una catastrofe immotivata, di una rottura profonda degli schemi abituali di interpretazione della quotidianità, di un disorientamento generale .

Si tratta di una risposta emotiva che può essere attenuata o intensificata in ragione delle modalità attraverso le quali se ne viene a conoscenza della diagnosi. Come logico che sia, si tratta di momenti estremamente delicati, troppo spesso sottovalutati dal personale medico-sanitario cui è delegato l’aspetto comunicativo (<<dare la notizia>>) e diagnostico (esprimere in un certo senso un <<verdetto>>);

Seconda fase. La negazione. Molto spesso è una diretta conseguenza della prima fase: L’evento viene decisamente <<rimosso>>, soprattutto nella frenetica consultazione di presso altri centri specialistici, altri medici e altre strutture nella speranza di essere caduti in un errore di valutazione o di una diagnosi meno negativa. Si tratta di  una reazione che sfiora la sospensione del principio di realtà da parte dei genitori: si spera nel cosiddetto <<miracolo>>, ci si rivolge a soggetti o istituzioni alternative.

I singoli vissuti  mutano naturalmente in base alla tipologia di deficit riscontrato: sensazioni di rabbia, colpevolezza, risentimento e negazione possono essere orientate diversamente se ci si convince di essere direttamente resposabili (ad esmpio, <<portatori sani>> di un virus o di un deficit genetico) dello stato di futuro handicap del proprio figlio, o se si è invece subito – insieme al figlio stesso – un intervento da parte di terzi (es. un errore di valutazione da parte del medico nell’esprimere la diagnosi) che ha provocato l’insorgere della patologia:

Terza Fase. La percezione del dolore: È il momento in cui prevale la consapevolezza d’irreversibilità dell’evento negativo. È sicuramente la fase più decisiva dell’intero processo di elaborazione dell’evento accaduto: in ragione delle modalità nelle quali viene percepita ed elaborata l’angoscia di fronte all’episodio che si è verificato, il processo può avviarsi positivamente verso un elaborazione risolutiva oppure fallire, mandando in frantumi l’intera condizione esistenziale del nucleo familiare. Possiamo considerarlo il momento della percezione reale dell’evento avverso che può essere recepito dal punto di vista emotivo in modalità differente anche in base alle condizioni e al contesto nel quale avviene.

Quarta Fase. La reazione attiva: Si tratta di una fase che ( come la seconda rispetto alla prima) è ampiamente determinata dalle modalità di reazione a quella precedente. Essa implica la ricerca di una condivisione esterna del proprio destino di genitori. Probabilmente è la fase in cui cessa definitivamente il continuo interrogarsi circa le cause dell’avvenuta nascita della disabilità nel proprio figlio e si inizia ad interpretare il deficit come condizione esistenziale, come parte della vita.

Proprio in relazione a quest’ultimo stadio, va notato come la possibilità di condivisione della fase di dolore indichi una capacità di elaborare proficuamente il lutto e quindi ridefinire un diverso equilibrio familiare, che permetta anche al soggetto disabile di accettare la sua condizione di persona oltre il proprio deficit. La famiglia sembra in realtà essere il primo contesto da dover sostenere in relazione all’evento: non solo in termini terapeutici, concretamente in termini pedagogici; ovvero creando, nelle diverse fasi, dei contesti in cui sia possibile fare esperienza del proprio dolore, elaborarne il senso, riconnetterlo alla vita stessa, essere maggiormente consapevoli dei cambiamenti da esso causati e quindi poter accettare con più serenità la propria esistenza e quella del figlio. Spazio di conforto  e spazi di pensiero son dunque in grado di sviluppare una presa di coscienza critica delle rappresentazioni sociali e culturali negative (stereotipi, pregiudizi).

Gli obbiettivi di tutela della L.104/1992

Con l’entrata in vigore della L.5-2-1992, n 104, è stata introdotta nel nostro ordinamento la normativa quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili.

Al tal fine la Repubblica, in rispetto ai principi sanciti dalla nostra Carta costituzionale, garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona disabile promuovendone la piena integrazione familiare, scolastica, lavorativa e sociale, nonché rimuovendo le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana.

Gli oggettivi enunciati in precedenza sono stati perseguiti attraverso:

  • Lo sviluppo della ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica;
  • La prevenzione; la diagnosi e la terapia prenatale e precoce dei deficit e la ricerca sistematica delle loro cause;
  • L’intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito delle conoscenze scientifiche e dalle attualmente disponibili, il mantenimento della persona disabile nell’ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
  • Un’adeguata informazione di carattere socio-sanitario alla famiglia della persona con disabilità per facilitare la comprensione dell’evento accaduto;
  • La prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l’insorgenza del deficit o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;
  • Il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione,al sostegno e al recupero della persona disabile;
  • Un adeguato sostegno psicologico, psicopedagogico ed economico al soggetto disabile e alla o alla famiglia;
  • La promozione di iniziative d’informazioni e per la prevenzione e cura delle disabilità;
  • Il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più-idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;
  • Il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche tramite l’attivazione dei servizi previsti dalla L.104/1992.

L’OSS e l’inserimento e l’integrazione sociale del soggetto con disabilità

L’inserimento e l’integrazione sociale della persona disabile si realizzano attraverso:

  • Interventi di carattere socio-psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona con disabilità e del nucleo familiare in cui è inserita;
  • Servizi di aiuto personale alla persona disabile in temporanea e grave limitazione dell’autonomia personale;
  • Interventi diretti ad assicurare l’accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;
  • Provvedimenti che rendono effettivi il diritto all’informazione e il diritto allo studio della persona diversamente abile, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente;
  • L’adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;
  • Misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale e associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati;
  • Provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e l’organizzazione di trasporti specifici;
  • Affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;
  • L’organizzazione e il sostegno di comunità- alloggio, case- famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitativi per favorire la de istituzionalizzazione e per assicurare alla persona con disabilità, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita alle proprie esigenze.
  • L’istituzione o l’adattamento di centri socio-riabilitativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione adeguata a persone temporaneamente o permanentemente sprovviste della propria autonomia o affette da disabilità, che abbiano assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa;
  • L’organizzazione di attività extra-scolastiche far interagire e estendere l’attività educativa in continuità e in coerenza con l’azione della scuola.

L’OSS e l’assistenza sanitaria al paziente con disabilità

La cura e la riabilitazione della persona con disabilità si realizza con programmi che prevedono prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro (cosiddetta integrazione socio-sanitaria ai sensi del D.P.C.M. 14-2-2001), che valorizzano le abilità di ogni persona disabile e agiscono sulla globalità della situazione di disabilità, coinvolgendo la famiglia e la comunità.

A tale scopo il SSN, attraverso le strutture proprie dedicate o convenzionate con garantisce ai disabili fisici, psichici e sensoriali:

  • Assistenza territoriale di tipo ambulatoriale e domiciliare;
  • Assistenza territoriale di tipo residenziale e semiresidenziale;
  • soggiorni all’esterno per cure dei disabili in centri di elevata specializzazione qualora il centro regionale di riferimento ritenga che il programma terapeutico dalla persona con deficit richieda il proseguimento delle cure riabilitative in centri di altissima specializzazione all’estero. Le nuove linee guida LEA CON D.P.C.M. 2017 presentano alcune novità per le persone con disabilità.

Tra le principali, la riclassificazione della sindrome di Down, fino ad oggi considerata  <<malattia rara>>, il che ha determinato l’estensione totale dal pagamento del ticket per le prestazioni sanitarie inerenti al patologia, come “malattia cronica”, con la conseguenza di restringere il riconoscimento dell’esenzione totale solo a coloro che hanno un’invalidità certificata al 100%.

Le persone con autismo avranno accesso alle cure più avanzate; in particolare, è prevista una maggiore collaborazione tra assistenza sanitaria, scuola e famiglia al fine di favorire l’inserimento e l’integrazione del bambino autistico nella vita sociale.

Inoltre, i nuovi LEA ridefiniscono il nomenclatore protesico, ciè la protesi gli ausili prescrivibili a carico, totalmente o parzialmente, del SSN per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità.

Le dotazioni di strumentazione o attrezzature prescrivibili sono:

  • Gli ausili informatici e di comunicazione: sono compresi i comunicatori oculari e le tastiere adatte per persone con gravissime disabilità;
  • Gli apparecchi acustici a tecnologia digitale, attrezzature domotiche e sensori di comando e controllo per ambienti, come allarme e telesoccorso;
  • Le posaterie e suppellettili adattati per le disabilità motorie, barella apposita per la doccia, scooter a quattro ruote, carrozzine con sistema di verticalizzazione, carrozzine per grandi e complesse disabilità, sollevatori fissi e per vasca da bagno, maniglioni e braccioli per il bagno, carrelli servo scala per interni;
  • I supporti per gli arti a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale e facciale semplicemente appoggiando lo sguardo sul dispositivo.

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