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Francesca, oss e maratoneta: “Quando corro, penso ai ‘miei’ pazienti”

Termolese di nascita, Francesca De Santis si divide tra il lavoro di operatrice socio-sanitaria e la passione per l’atletica. Due ruoli che svolge con grande soddisfazione, come racconta nella lunga intervista pubblicata su Primonumero.it.

Correre e lottare, comunque. Sono i verbi che più stanno a cuore a Francesca De Sanctis, termolese alla soglia dei 40 anni che non ha bisogno di presentazioni: lei è quella che corre, appunto. E ora lo fa anche per i pazienti dell’Hospice di Larino, nel quale fino a poche settimane fa ha lavorato come operatrice socio-sanitaria.

Corre sulle piste, allo stadio, sulle strade cittadine in percorsi ogni volta diversi: “Dipende dalla gara che sto preparando”. Già, la preparazione è un altro aspetto fondamentale per Francesca, perchè “nessun risultato arriva per caso” e lei di risultati brillanti e successi ne ha accumulati parecchi: “Ho iniziato a correre e gareggiare alle scuole medie. Un professore mi ha fatto scoprire l’atletica – io allora praticavo il nuoto – e ho iniziato ad amarla. Poi mi sono iscritta a una società sportiva, ho cominciato ad allenarmi assiduamente e da allora sono cominciati ad arrivare i successi: la cosa non si è mai arrestata”.

Sono i primi giorni dell’anno, le feste non sono ancora terminate, il freddo è pungente ma Francesca non perde un allenamento: “Mi alleno tutte le mattine, circa due ore al giorno, sebbene sia capitato anche di allenarmi due volte al giorno”. La tenacia dell’atleta, spesso presente sui giornali molisani per i suoi trionfi, si vede anche da questo. Le sue specialità, peraltro, sono la maratona e la mezza maratona, gare che certo non si possono improvvisare. “Ma mi difendo bene anche nella 10 km (ovvero diecimila metri, su pista o su strada). Due anni fa fatto registrare il record per i campionati italiani, ho corso in 36′ 16””. L’atleta termolese si difende più che bene, però, anche nelle gare denominate cross, che prevedono la corsa in un percorso sterrato (e irto di ostacoli) dai 6 agli 8 chilometri. Una gara molto difficile a livello muscolare che però Francesca sa come affrontare: “Nel 2001 ho partecipato anche agli Europei, oltre ad aver vinto diversi titoli italiani. Le soddisfazioni non sono certo mancate in tutti questi anni”.

Le sfide estenuanti, insomma, non scoraggiano affatto la termolese. La costanza nella preparazione è certo uno dei segreti ma oltre a questo è evidente una non consueta forza mentale: “Be’, sì, la mente è fondamentale in questo tipo di competizioni e in questo sport. Ho corso anche delle ultramaratone (sui 70 chilometri, all’incirca 6 ore di corsa) e in particolare lì stare bene mentalmente oltre che fisicamente conta tantissimo, anzi fa la differenza. A un certo punto la stanchezza fisica diventerebbe intollerabile se non intervenisse la forza mentale: è quella che ti fa andare avanti”.

Una passione legata al senso di libertà“Per me correre è vitale, nell’arco della giornata se non corro io sto (mentalmente) male. Non a caso a volte salto perfino il giorno di riposo (uno a settimana, ndr) e mi alleno anche allora. Per me è un piacere, non è una fatica”.

Chiunque di noi sa però che non sempre la mente tiene il passo, ed è stato così anche per Francesca: “Quattro anni fa ho perso mia madre. Nei mesi di malattia che hanno preceduto la sua morte la mia testa, quando correvo, non faceva che essere lì. Indossavo le scarpette ed effettivamente andavo a correre, ma spesso mi fermavo e tornavo indietro. Un giorno però ho capito che non correre non avrebbe cambiato le cose. Anzi, ho ripreso a correre costantemente anche per lei, che sapeva della mia sconfinata passione per questo sport”.

Ed è stato proprio dopo la dolorosa perdita che Francesca ha iniziato a seguire il corso per diventare oss. Poi, una volta raggiunto quest’altro traguardo, ha iniziato a lavorare: “Quando a luglio 2021 mi hanno chiamato all’Hospice, dove per altro mia madre aveva passato gli ultimi giorni della sua vita, non ci ho pensato due volte”. Un lavoro, a contatto coi pazienti più fragili di tutti e consapevoli, molto spesso, di essere terminali, che Francesca sente come “una missione, mi sento davvero portata per svolgere questo delicato ruolo”.

Sembra un ossimoro: la corsa, esaltazione della vita e della forza, e la vita fievole racchiusa nelle stanze di questo ospizio dei sofferenti. In realtà Francesca ha legato incredibilmente queste che ormai sono le due facce della sua vita, di ogni sua giornata: “Quando corro penso a loro. Mi dico: io sto qui a lottare per una gara, loro lottano tutto il tempo per la vita”. Non è retorica. Francesca racconta emozionata che lei davvero pensa ai “suoi” pazienti mentre si allena e mentre gareggia. Di più: “Una delle ultime medaglie l’ho regalata ad un paziente, un ragazzo di 40 anni circa che poi è deceduto”.

Ma quello non è stato che l’inizio. Ormai è un’abitudine: “Il dottor Flocco (responsabile della struttura, ndr) lo sa bene”. Portare lì, all’hospice di Larino, tutti i trofei e le medaglie guadagnate col sudore. È come se tutta la forza perduta, e le aspettative legate a una qualche vittoria, i degenti l’avessero trasferita in Francesca. Lei sente il tifo che loro fanno, a distanza, per lei, così come quello di tutti gli altri operatori sanitari che con lei condividono quell’esperienza.

Da fine novembre il lavoro in struttura è terminato: “L’Azienda sanitaria ha voluto che ci spostassimo sul territorio”. Dunque Francesca e molti suoi colleghi fanno visite a domicilio: “Ma io continuo ad andare all’Hospice, quello per me è un luogo d’elezione, davvero speciale”. Qualche mese fa, dopo aver gareggiato – e vinto – una mezza maratona a Pescara la mattina, Francesca si è recata puntuale alle 14 al lavoro a Larino: “Il dottore mi aveva suggerito di prendermi un giorno di riposo ma io non l’ho fatto. Non vedevo l’ora di entrare per incontrare tutti loro. Hanno bisogno di noi, sempre, che sia per un sorriso, una partita a carte o una semplice parola di conforto”.

L’inarrestabile runner sembra davvero non fermarsi mai, persino ora che sta lavorando come oss anche al Pronto soccorso di Vasto, riesce a conciliare tutto. La mente comunque è bella che sintonizzata sull’obiettivo agonistico: “Sto preparando una maratona per l’autunno, perchè preparare bene una gara di questo tipo richiede 7-8 mesi”. Intanto Francesca correrà alcune mezze maratone, anche per testare la sua forma fisica e – perchè no? – qualche gara campestre.

Desideri per il 2022? “Intanto che finisca questa guerra silenziosa con la pandemia – dice –. Anche per i pazienti che si stanno sentendo davvero soli”, stante l’obbligo dei visitatori di fare un tampone prima di entrare nella struttura sanitaria che ha portato, inevitabilmente, a diradare le visite. “Per me, invece, mi auguro un buon anno a livello sportivo. Vorrei togliermi altre soddisfazioni, come quella di correre una maratona sotto le 3 ore, che è il mio tempo personale. Il sogno sarebbe di farlo in quella di Firenze. Vedremo”.

Francesca e altri atleti come lei hanno sofferto, a loro volta, per lo stop delle gare a causa della situazione epidemiologica: “È stata dura, ci allenavamo ma poi non potevamo gareggiare”. Tornare a macinare chilometri di corsa, fare del suo meglio per lei e per la città: è questo quello che la termolese più desidera.

Infine un desiderio più nascosto e più a lungo termine: “Vedo pochissimi ragazzi allenarsi e praticare questo sport. In generale si fa poco sport in città e di questo mi dispiace molto”. Quanto ai giovani, poi, Francesca fa la sua analisi amara: “Sicuramente la pandemia ha accentuato il tutto, ma io notavo tutto ciò da anni. Non c’è da parte loro forza di volontà, fermezza, voglia di faticare e soffrire. Perchè correre è faticare. Invece ai primi ostacoli si fermano. Ma se non ti alleni il risultato non viene fuori, a meno che tu non sia un fenomeno. E invece con poco, con un allenamento costante, i risultati sì che vengono fuori. E, credetemi, sono soddisfazioni enormi”.

Redazione OssNews24

Fonte: Primonumero.it

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