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Mammì (M5S): “Stabilizzare oss in carceri e Rsa”

Questa la richiesta al presidente Draghi e ai ministri Speranza, Orlando e Cartabia della deputata pentastellata, sensibilizzata sul tema da Fondazione Migep e sindacato SHC OSS.

La deputata del Movimento 5 Stelle, Stefania Mammì, chiede al presidente Draghi e ai ministri Speranza, Orlando e Cartabia di intervenire per salvaguardare, quindi stabilizzare, le professionalità degli operatori socio-sanitari reclutati dalla Protezione Civile durante l’emergenza sanitaria per offrire il proprio contributo all’interno delle carceri e nelle Rsa.

“Si tratta di figure completamente nuove – spiega Mammì –, che durante gli ultimi due anni di pandemia si sono formate e sono emerse con tutta la loro importanza, dimostrando quanto siano essenziali per assicurare un miglior assetto delle prestazioni sanitarie dedicate agli ospiti di queste strutture. In particolare coadiuvando e collaborando con le figure professionali degli infermieri, che prima del loro arrivo erano spesso chiamati a prestare anche le funzioni proprie degli oss”.

E ancora: “Da molte Regioni stanno pervenendo richieste di proroga dei contratti per questi operatori. La stessa Federazione nazionale delle professioni socio-sanitarie (Migep), in data 7 giugno, ha rivolto un appello alle istituzioni e alla mia attenzione per invocare la proroga contratti degli oss assunti nelle carceri durante la pandemia. Nella mia interrogazione, quindi, chiedo la proroga dei loro contratti fino al 31 dicembre 2022, prevedendo anche la possibilità di una successiva stabilizzazione dei circa 1.500 operatori socio sanitari assunti durante l’emergenza”.

Di seguito il testo della lettera a firma di Loretana Peretto (Migep) e Angelo Minghetti (sindacato SHC OSS).

“La pandemia ha evidenziato una forte necessità di personale OSS da adibire nelle varie carceri Italiani e nelle Rsa, con il dpcm 892/22 (ordinanza della protezione civile finalizzata a consentire il progressivo rientro in ordinario delle misure di contrasto alla pandemia da covid 19 di competenze delle regioni” e attraverso l’ordinanza 665 del 22 aprile 2020, venivano chiamati circa 1500 Operatori Socio Sanitari  a prestare il loro contributo in questo settore così complesso della giustizia italiana e delle rsa. Le sue competenze nelle carceri differiscono leggermente dal lavoro ordinario in strutture sanitarie, ma rientrano comunque tra quelle previste dall’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001. 

La figura dell’OSS ha quindi acquisito grandi responsabilità legate a un maggiore livello di autonomia nella gestione del proprio lavoro.  Oltre a chiedere l’integrazione di questi operatori nel mondo lavorativo le scriventi vogliono capire la motivazione che ha portato questi operatori a non avere gli stessi diritti degli altri lavoratori.

Si chiede alle SS.LL. di non dimenticare l’impegno profuso dai lavoratori in argomento, di istituzionalizzare il ruolo degli Operatori Socio-Sanitari carcerari, che hanno lavorato con grandi capacità, senza limitazione oraria, mansionaria, assicurando un contributo qualitativo all’assetto delle prestazioni sanitarie dedicate agli ospiti delle strutture, incidendo positivamente all’interno delle aree sanitarie collaborando con le figure professionali degli infermieri.

Poiché molte regioni stanno chiedendo la proroga per questi operatori, le scriventi chiedono alle SS.LL. quali sono i motivi ostativi a prolungare i contratti di lavoro di questi operatori che al 31 maggio 22 sono stati lasciati a casa, per tanto si chiede il prolungamento dei contratti fino al 31 dicembre 2022 con la possibilità di stabilizzarli a pari diritti degli altri operatori socio sanitari che operano in altri servizi riconoscendogli in questi due anni tutti i diritti di legge in modo da consentire ai 1500 operatori di continuare a svolgere le proprie competenze in un sistema sanitario delle carceri utilizzando il pnrr per incrementare il bilancio economico giuridico. Sarebbe un grave errore non intervenire, la pandemia ha messo in chiara evidenza la loro insostituibile funzione e utilità, chiediamo richiesta di audizione per far luce sul futuro assetto dell’assistenza socio-sanitaria.

Sotto un profilo prettamente normativo si rileva l’incongruità del mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio, di omissione contributiva, per i seguenti motivi. Il Dipartimento della protezione civile a fronte dell’emergenza pandemica, in deroga alla normativa vigente, è stato autorizzato ad istituire una Unità socio sanitaria (unità speciale) a supporto delle RSA e degli istituti penitenziari.

Con Ocdpc del 22/4/2020 n. 665 denominata ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti il Capo del Dipartimento ha statuito all’art. 1 comma 2 che l’Unità sia composta da soggetti rientranti nelle seguenti categorie: a) operatori dipendenti del SSN; b) operatori dipendenti da strutture sanitarie; c) operatori libero professionisti anche con rapporto di somministrazione lavoro ed al comma 4 che ‘l’attività prestata nell’Unità è considerata servizio utile a tutti gli effetti’. Nel caso di specie la Protezione civile ha ‘assunto’ soggetti per svolgere l’attività di OSS presso le strutture senza che i medesimi rientrassero nelle categorie indicata dall’art. 1 comma 2.

Di conseguenza nel caso di specie i soggetti che hanno prestato servizio presso le Unità speciali non possono considerarsi ‘volontari’ che già dipendenti di altro soggetto o titolari di partita IVA o lavoratori somministrati hanno scelto di partecipare su base volontaria alle suddette Unità con una copertura assicurativa/sanitaria derivante dal rapporto di lavoro con altro soggetto ma veri e propri prestatori di lavoro alle dipendenze della Protezione Civile.

La bontà di tali argomentazioni è dimostrata sia dal tenore letterale dell’art. l comma 2 dell’Ocdpc citato ma altresì dal comma 4 laddove viene riportato che l’attività prestata nell’Unità è considerata servizio utile a tutti gli effetti. Infatti, se la normativa in questione non avesse previsto che i soggetti a cui era indirizzata dovevano possedere i requisiti di cui al comma 2 per quale ragione l’attività prestata era da considerarsi utile a tutti gli effetti?

Alla luce di quanto sopra si è a chiedere che siano regolarizzate le posizioni dei 1.500 OSS che hanno lavorato presso le RSA e gli istituti penitenziari che in caso contrario si vedrebbero ulteriormente penalizzati a fronte di un errore da parte dell’Amministrazione stessa. L’obiettivo è quello di verificare la posizione dei vari interlocutori e capire se condividano l’esigenza di preservare la presenza degli Oss, che concorrono a migliorare l’assistenza ai detenuti e agli ospiti delle rsa, nonché a regolarizzare la posizione lavorativa”.

Redazione OssNews24

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