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“Come superare le disuguaglianze e incentivare la collaborazione degli oss in un nuovo modello assistenziale”

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a cura della Federazione Nazionale Migep.

Riteniamo che la salute sia un tema centrale per tutti, si continua a parlare dei problemi sanitari e sociali con linee di pensiero diverse, ma, poco si affronta il tema dell’assistenza ai soggetti fragili, con particolare attenzione agli anziani e alle persone con disabilità e con specifico riferimento al settore del non profit in esso coinvolto. Il tema dell’invecchiamento della popolazione è andato acquisendo negli ultimi anni una posizione sempre più centrale nel dibattito sul futuro del sistema assistenziale, nel contesto nazionale che europeo.

Un ulteriore elemento di criticità per il sistema assistenziale è rappresentato dalla minore diponibilità di risorse degli attori pubblici. Come conseguenza, la politica tende a fare sempre più affidamento sulle famiglie e sul terzo settore per l’erogazione delle prestazioni assistenziali. In questo contesto, il concetto di innovazione sociale sta generando sempre maggiore interesse per cercare di individuare delle nuove modalità per risolvere i bisogni della popolazione anziana. E di conseguenza lo sono i modelli assistenziali che si sviluppano in un quadro socio sanitario in continua evoluzione in risposta ai bisogni di anziani e persone con disabilità. La strada da percorrere non è facile, ma neanche impossibile. Gli strumenti per offrire iniezioni di fiducia ci sono, basta utilizzarli nel modo giusto.

Alla luce di quanto emerso nell’ultimo periodo, è sembrato necessario offrire un percorso di riflessione che riguardasse anche l’impatto della pandemia sul sistema di risposta alla fragilità e all’operatore socio sanitario. Siamo tutti a conoscenza di chi sia l’Operatore Socio Sanitario, di quali figure abbia sostituito od integrato ed il relativo percorso formativo che almeno agli esordi e fino a non molti anni fa appariva uniforme sul territorio Nazionale.

Sicuramente le figure professionali anche se non tutte sono al passo dell’evoluzione assistenziale che negli anni si è avuta. È necessario che lo stato intervenga in modo diretto e appoggi la nuova figura facendola propria affidando la formazione agli istituti statali e non più al miglior offerente. Serve incentivare, il sistema per non rendere alienante l’operato delle professioni. Ai nuovi modelli assistenziali, occorre una risposta nuova, e nello specifico l’assistente per la salute, un modello che serve a superare le disuguaglianze ma anche ad affrontare le problematiche sanitarie e sociali.

Questa nuova figura oltre che rappresentare una svolta per una professione rimasta all’ombra degli altri attori del sistema rappresenta la possibilità di evoluzione per tutti coloro che desiderano crescere. Negli altri paesi europei le professioni sanitarie di assistenza sono articolate su più livelli, è arrivato il momento di pensare anche nel nostro paese ad un sistema che sia conforme a detti standard.

Se si vuole incentivare la partecipazione o collaborazione degli oss  in un nuovo modello assistenziale occorre rivedere la formazione, innanzitutto perché ferma ormai a 22 anni or sono, ed in secondo luogo non permettere più la frammentazione regionale che ad oggi regna.

Se si continua ad avere dell’oss una visione di mero esecutore di attività di essere privo di pensiero critico, oltre che disincentivare la categoria si rischia l’effetto contrario, ovvero il rifiuto a collaborare o prestare attenzione a tutto ciò che esula dalle competenze. Senza parlare dei numeri che la realtà chiede. Situazioni in cui lo stesso ormai presta servizio in luoghi  più confacenti all’attività di una fabbrica piuttosto che di un luogo ove si assiste qualsivoglia tipologia di assistito.

Risulta attualmente difficile trovare incentivi per una professione che è stata per lo più usata e a lungo confinata nel ruolo sbagliato. Per 22 anni non si è saputo sfruttare al meglio la risorsa che avrebbe potuto rappresentare, e in una stessa regione si sono create differenze da presidio a presidio. Non doveva essere una figura da plasmare ad immagine e somiglianza del luogo che la accoglieva, ma avrebbe dovuto avere un ruolo universale la cui unica differenza si trovava nella tipologia di assistito.

In questo ha concorso lo stato perché non c’è mai stata la volontà di mettere un freno o di rivedere lo stato delle cose. Nelle conclusioni vengono declinate delle bozze sulla formazione oss e sulla nuova figura con tante ombre grigie. Bisogna istituire tavoli tecnici con tutti gli attori.

Adesso si parla di evoluzione, di nuovi modelli assistenziali, ma non si può non avere una nuova figura, più idonea a ricoprire il ruolo che richiede l’attuale formazione in sanità, dove tutti si specializzano evolvono e un’unica figura rimane indietro.

La salute è un diritto primario e va garantito a tutti, il nostro servizio sanitario nazionale va tutelato insieme ai professionisti, bisogna assumere e aprire servizi  in grado di dare risposte in modo veloce ai cittadini ed implementare i servizi attuali per non avere liste di attesa di anni per una visita o un esame o essere rimandati a casa per poi morire. Non si può più rimanere inermi davanti ai tagli della sanità pubblica dove la politica incrementa il privato. Che spesso vuole dire si velocità nella prestazione, ma anche fatturare, fare numero, e corsa al ribasso quando parliamo di case di riposo rsa etc..

Oltre all’invecchiamento della popolazione che richiede assistenza continua vi è anche il risvolto della forza lavoro in sanità, Rsa, case di riposo dove risulta una incidenza over 50, rendendo più complessa e faticosa la gestione organizzativa e assistenziale.

La scarsa motivazione sulla propria professione è da imputarsi alla politica, la stessa, invece di ampliare l’assistenza continua, soprattutto post pandemia apporta nuovi tagli, così da rendere difficile attuare i progetti già pianificati o previsti dal PNNR. E per quanto riguarda la medicina territoriale, quando parliamo di medicina territoriale, parliamo di sanità pubblica, di emergenza e urgenza.

Non bisogna dimenticare gli oss poiché sono la colonna dell’organizzazione sanitaria all’interno delle strutture assistenziali, e per l’assistenza agli anziani. Dovrebbe esserci maggior interesse affinché questa professione venga riconosciuta e valorizzata sia in termini di qualità e  di capacità per l’apporto che possono dare, e sia per la quantità, la situazione della crisi nelle rsa è molto critica.

Viene a mancare una visione su quello che dovrà essere il futuro dell’assistenza territoriale, non ci sono proposte effettive su come porre l’assistenza, quali saranno le professioni che si andranno a impegnare sul territorio considerato che mancano 60 mila operatori, come li formeremo.

Bisogna ampliare i posti letto per far fronte a un emergenza, ci si inventa l’ospedale di comunità e poi ci rendiamo conto che non abbiamo il personale per farlo e questo creerà grossi carichi di responsabilità a livello domiciliare, nelle famiglie, e nel frattempo facciamo litigare diverse professioni tra di loro  che cercano uno spazio professionale, nessuno ha una visone complessiva  di quello che potrà succedere, è molto pericoloso quanto si sta mettendo in atto, perché entreremo nel futuro assistenziale ancora più deboli, avremo una riforma senza risorse, come faremo ad assistere 800 mila anziani in più, è importante chiarirsi le idee su quanto sta avvenendo in questo frangente sul riordino delle professioni senza una evoluzione reale si crea di fatto zone grigie e conflitti d’équipe

La soluzione per fronteggiare l’emergenza e quella di recuperare tutte le professioni messe ad esaurimento, recuperare tutte le figure esistenti, dare evoluzione all’oss e alla nuova figura in una gestione del cambiamento per fare un passo in avanti. Serve la consapevolezza, riteniamo che il sistema socio assistenziale necessita di una figura armonica, riconosciuta in un unico contratto pubblico e privato  come l’assistente per la salute che trova soluzione immediata alla carenza del personale mettendo in risalto quanto oggi non è mai stato fatto,  bisogna rivedere gli standard operativi,  il reale fabbisogno, altrimenti nessuno fa assunzioni. Bisogna rimodernare le strutture rsa non solo a livello tecnologico, strutturale, ma ampliando l’assistenza con un numero adeguato di operatori dando quelle prestazioni giuste ed equivalenti ad una assistenza di qualità e non più a risparmio.

Bisogna aprire un osservatorio nazionale e regionale affinché si possa trovare risposte giuste in un nuovo modello assistenziale per risolvere i problemi sanitari e sociali e superare le disuguaglianze tra le varie professioni e incentivare la collaborazione dell’ oss.

Redazione OssNews24

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