1 Maggio, Un’amara festa dei lavoratori per i sanitari
I sanitari lombardi, in particolare quelli milanesi, hanno un triste primato: sono primi in classifica per contagi e morti da Covid dall’inizio della pandemia ad oggi. Basti pensare che Milano è la seconda provincia d’Italia per decessi nell’ambito delle professioni sanitarie, con l’8,3%. E questi lavoratori da aprile, pur prestando servizio nei reparti Covid, non hanno più diritto all’indennità malattie infettive e sub-intensiva.
Un paradosso a doppia responsabilità: prima il Governo aveva stanziato i fondi per corrisponderle solo fino al 31/12/2020, dall’altra Regione Lombardia, che vanta un residuo di fondi di 5 milioni, non ha ancora stabilito dove andranno a finire quei soldi. Mimma Sternativo, segretario Fials Milano area metropolitana: “Per la politica l’emergenza si è conclusa al 31/12, poco importa se continui a lavorare in un reparto che prima era di medicina di base e ora a parità di risorse umane è una sub-intensiva a tutti gli effetti, con pazienti contagiati e che hanno un andamento clinico instabile.
E’ un problema indubbiamente nazione, ma Milano ha pagato e sta pagando moltissimo in termini umani e professionali, i lavoratori non meritano di essere abbandonati, perché di questo si tratta. Li chiamano eroi, quando devono erogare risorse si girano dall’altra parte. Pretendiamo risposte, ora!”.
Per capire meglio di cosa parliamo, ecco alcuni dati Inail sugli infortuni Covid in Lombardia:
- La Lombardia resta la regione col maggior numero di casi di contagio denunciati in Italia dall’inizio dell’epidemia. Analogamente per l’incidenza tra gli esiti mortali, scesa dal 50% di inizio pandemia all’attuale 31,8%.
Le professioni - tra i tecnici della salute (che corrispondono al 38,5% delle denunce nazionali, tre su quattro sono di donne) il 78,0% sono infermieri, il 5,5% fisioterapisti e il 4,1% assistenti sanitari;
- tra le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, il 98,6% sono operatori socio sanitari;
- tra le professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati, l’88,7% sono operatori socio assistenziali;
- tra i medici, la metà è rappresentata da generici, internisti, cardiologi, anestesisti-rianimatori, chirurghi e radiologi;
- tra il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari, il 54,8% sono ausiliari ospedalieri, il 33,6% ausiliari sanitari-portantini e il 6,0% inservienti in case di riposo;
- tra gli impiegati, l’80% sono amministrativi e il 15% addetti alle segreterie.
“I dati confermano che lo scotto pagato dal personale sanitario è altissimo. Lasciarli senza indennità, nel mezzo di un’emergenza tutt’altro che finita – continua il segretario Sternativo -, significa non solo non aver cognizione dei diritti minimi di queste categorie ma non aver neppure rispetto per chi in quelle corsie ha lasciato la vita. Ricordiamo che i professionisti lombardi in questa tragedia sono capofila. La politica rimedi in fretta a questo sfregio”.
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