“Il DPCM del 28 febbraio 2025 segna un cambiamento silenzioso ma profondo per l’oss”
Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Angelo Minghetti (Federazione Migep).
Negli ultimi mesi il dibattito pubblico e politico si è concentrato quasi esclusivamente sulla figura dell’assistente infermiere, lasciando passare sotto silenzio un atto normativo che tocca direttamente il cuore della professione dell’operatore socio-sanitario. Il DPCM del 28 febbraio 2025, un provvedimento che, dietro la facciata della revisione del profilo dell’Oss, cela l’applicazione di nuove competenze, in una ridefinizione delle funzioni dell’oss, con conseguenze che rischiano di indebolire ulteriormente la categoria, privandola di strumenti di tutela giuridica e di autonomia operativa.
Il DPCM 2025, infatti, introduce un ampliamento delle competenze dell’oss, ma lo fa senza fornire un vero riconoscimento professionale né un adeguato aggiornamento contrattuale. Si tratta di un ampliamento “di servizio”, non “di ruolo”: un modo per garantire all’infermiere un supporto operativo più esteso, trasferendo sugli oss funzioni pratiche e assistenziali che non rientrano nel loro profilo giuridico attuale. In altre parole, mentre l’infermiere si libera di mansioni non più ritenute di propria pertinenza, l’oss viene chiamato ad assumersi nuove responsabilità operative, senza alcuna copertura normativa in aperta contraddizione con i principi del Tar e della Legge Gelli-Bianco, che tutela l’esercizio delle professioni sanitarie riconosciute per legge.
Questo cambiamento è stato “mascherato” dal tema mediatico dell’assistente infermiere, spostando l’attenzione pubblica e istituzionale verso una figura mai chiaramente definita, e distraendo la categoria oss da ciò che realmente stava accadendo: la modifica sostanziale del proprio profilo funzionale attraverso un decreto che, di fatto, ridefinisce gli equilibri organizzativi nelle RSA e nelle strutture socio-sanitarie. Il DPCM, infatti, riconosce alle strutture residenziali una maggiore flessibilità organizzativa, lasciando loro ampi margini nell’assegnazione delle mansioni assistenziali identiche all’assistente infermiere. Ma in questo nuovo schema, la professione OSS rischia di diventare uno strumento operativo privo di tutele, confinato in un ruolo subalterno e vulnerabile.
A rendere la situazione ancora più critica è la mancata reazione collettiva della categoria. La maggior parte degli oss non è stata informata o non ha compreso la portata del DPCM. Gli OPI e le stesse strutture socio sanitarie, nel frattempo, incoraggiano l’applicazione dell’allegato 1 del decreto, dedicato alla “pianificazione dell’aumento delle competenze”, avviando un processo di implementazione che rischia di diventare irreversibile.
Se le Regioni daranno piena attuazione al DPCM, gli oss si troveranno presto a svolgere mansioni superiori senza riconoscimento economico né tutela giuridica, e le RSA utilizzeranno questo meccanismo per ridurre i costi del personale mascherandoli come efficientamento. È dunque urgente che gli oss prendano coscienza di questo scenario, perché la vera battaglia oggi non è per ampliare genericamente le competenze, ma per ottenere una legge che riconosca e protegga la professione, garantendo coerenza tra responsabilità, formazione e contratto.
Serve una mobilitazione consapevole, non per opporsi al cambiamento, ma per guidarlo: per pretendere una riforma che renda l’oss una figura realmente riconosciuta, regolamentata e tutelata. Ignorare il DPCM del 28 febbraio 2025 significa accettare una trasformazione in peggio, dove l’ampliamento delle funzioni diventa soltanto un’estensione delle mansioni senza diritti. Oggi più che mai, è il momento per gli oss di alzare la voce e reclamare il proprio futuro professionale.
Redazione OssNews24
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