“Infermieri e oss: tra crisi di identità e vuoto di rappresentanza”
Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Angelo Minghetti (Federazione Migep).
Nel panorama della sanità italiana ci sono due figure centrali del sistema assistenziale, ossia l’infermiere e l’operatore socio-sanitario, che vivono oggi condizioni differenti, ma ugualmente critiche. Gli infermieri denunciano da anni una condizione di demansionamento, mentre gli oss attraversano una paralisi culturale fatta di disorientamento, sfiducia e divisioni interne. Mentre i primi lottano per difendere la loro professionalità e il riconoscimento del ruolo, i secondi sembrano incapaci di esprimere una voce unitaria o una strategia di evoluzione concreta.
Gli infermieri parlano di demansionamento perché si trovano, sempre più spesso, a svolgere mansioni non proprie, lontane dalla dimensione clinica e decisionale per cui sono formati. Dopo anni di universitarizzazione e riconoscimento normativo, la loro figura è tornata a essere considerata un semplice ingranaggio esecutivo del sistema sanitario. Questa condizione rappresenta non solo un torto professionale, ma anche un problema politico: lo svuotamento della competenza infermieristica indebolisce l’intero modello di assistenza e riduce la qualità delle cure.
Dall’altra parte, gli oss, cuore pulsante dell’assistenza di base, denunciano l’esatto contrario: una sistematica sottovalutazione. A vent’anni dalla nascita della figura, si trovano intrappolati in un limbo normativo e professionale, senza un inquadramento chiaro né prospettive di crescita. Gli OSS chiedono una riforma che riconosca il loro ruolo tecnico-assistenziale, la formazione acquisita e la possibilità di evolvere verso profili intermedi, come quello dell’assistente infermiere o dell’oss specializzato, pur sapendo che verranno sfruttati e non avranno mai quei diritti che si rivendica. In gioco non c’è solo la carriera individuale, ma la sostenibilità dell’intero sistema assistenziale, che necessita di figure competenti e responsabilizzate.
Il conflitto apparente tra infermieri e oss e il timore degli uni di essere sostituiti e il desiderio degli altri di emanciparsi è in realtà il sintomo di una crisi di sistema. Lo Stato e le Regioni hanno lasciato irrisolto il nodo della governance delle competenze, con una normativa ferma agli anni ’90 e un’organizzazione che non risponde più ai bisogni della popolazione. L’invecchiamento demografico, la cronicità e la territorializzazione delle cure richiedono una nuova alleanza tra professioni sanitarie e socio-sanitarie, fondata su ruoli chiari, valorizzazione delle competenze e corresponsabilità.
Questa situazione produce un vuoto politico che danneggia gli oss e, di riflesso, i cittadini. Senza una rappresentanza matura, le figure di base restano esposte alle decisioni verticistiche e alla disorganizzazione cronica dei servizi. Mentre gli infermieri combattono per non essere ridotti a esecutori, gli OSS non riescono a costruire un progetto di crescita condiviso, indebolendo così l’intero fronte della professione.

Un esempio concreto è il convegno nazionale del 25 novembre ad Arezzo, organizzato proprio per rilanciare la figura dell’oss. L’obiettivo è chiaro: aprire un confronto serio, costruire proposte, restituire dignità e prospettiva a una professione indispensabile. Eppure, proprio coloro che dovrebbero sentirsi più coinvolti gli oss stessi sembrano ignorare l’iniziativa. Come può una categoria evolvere, ottenere riconoscimento o avanzare pretese, se non partecipa e resta spettatrice del proprio declino professionale?
Occorre una nuova sintesi politica, che valorizzi le competenze e ristabilisca un ordine di responsabilità. Gli infermieri devono poter esercitare appieno la loro autonomia clinica e organizzativa, e gli oss devono tornare protagonisti di un progetto di assistenza qualificata. La sfida è ricostruire un linguaggio comune tra professioni sanitarie e socio-sanitarie, superando la conflittualità sterile e restituendo alla cura il valore che merita: quello di un bene collettivo fondato sulla competenza, sul rispetto reciproco e sulla responsabilità condivisa. Il 25 novembre ad Arezzo non è solo una data: è un bivio. Gli oss possono scegliere se restare invisibili o alzare la testa e contare. Chi non partecipa lascia che altri decidano; chi sceglie di esserci costruisce il proprio futuro. La dignità non si chiede: si conquista, insieme.
Redazione OssNews24
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