L’oss nella crisi del silenzio: la solitudine di una categoria e la sfida del sindacato SHC
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma di Antonio Squarcella, segretario generale del sindacato SHC.
L’operatore socio-sanitario vive oggi una delle crisi più gravi e sottovalutate del nostro sistema sanitario. Una crisi non solo contrattuale o organizzativa, ma profonda e culturale, che riguarda la percezione stessa del ruolo e della dignità professionale. Gli oss appaiono disorientati, isolati, spesso incapaci di riconoscere la propria forza e di trasformarla in proposta collettiva.
Il risultato è una depressione professionale diffusa, fatta di rassegnazione, paura e chiusura, che impedisce di costruire visioni e progetti di crescita. Le condizioni di stress, sofferenza e burnout che colpiscono tanti operatori non sono episodi individuali, ma sintomi di una patologia sistemica. Quando un oss perde fiducia in se stesso, l’intero sistema assistenziale si indebolisce: cala la motivazione, peggiora la qualità della cura, si spezza la continuità del lavoro in equipe.
L’oss è, e resta, il cuore pulsante dell’assistenza di base. Ma oggi quel cuore batte piano, soffocato da un’organizzazione che lo considera sostituibile e da una categoria che troppo spesso si autocensura, per timore di esporsi. E c’è di più: anche tra coloro che credono nel progetto SHC, molti si trovano a fare i conti con la fatica di resistere in un sistema lento, complesso e spesso ostile al cambiamento. Non è mancanza di fiducia, ma la conseguenza di anni di sfiducia istituzionale e di isolamento culturale.
Il sindacato SHC continua a rappresentare un punto di riferimento per chi non vuole arrendersi, ma serve che ogni oss riscopra il valore della partecipazione. Perché solo l’unione di intenti può trasformare una battaglia sindacale in una svolta collettiva.
In questo scenario, il sindacato SHC OSS sta cercando di rompere il muro del silenzio. Da tempo denuncia la mancanza di attenzione politica e contrattuale verso gli oss, richiamando la necessità di un riconoscimento tecnico-professionale, di percorsi formativi evolutivi e di un modello sindacale partecipativo che restituisca dignità e prospettiva agli operatori.
Ma la verità è che la battaglia di SHC si scontra con un doppio muro: le aziende sanitarie, che ignorano volutamente la questione, e gli stessi oss, che per paura o abitudine preferiscono non esporsi, rinunciando così a essere protagonisti del proprio futuro. Ogni volta che si tenta di costruire un progetto di valorizzazione o di aprire tavoli di confronto, il processo si scontra con la resistenza di un sistema che preferisce mantenere lo status quo. Non è una debolezza del sindacato, ma la prova di quanto radicata sia la cultura del silenzio e della paura.
Finché la categoria oss non ritroverà compattezza e coraggio, nessuna riforma potrà davvero decollare. Ma SHC continuerà a esserci, a battere sulle porte chiuse, a dare voce a chi non ne ha, fino a quando la consapevolezza non diventerà forza collettiva.
È tempo di dire basta alla rassegnazione. Serve un risveglio collettivo, una nuova consapevolezza, senza la voce degli oss, nessuno parlerà per loro. SHC può essere lo strumento, ma la forza deve venire dal basso, dalla partecipazione e dal coraggio di esserci, di rivendicare, di proporre, ma soprattutto di crederci.
La crisi non è destino, è una scelta. E ogni giorno in cui si sceglie di tacere, si consegna ad altri la possibilità di decidere chi siamo e cosa valiamo. Il futuro della professione di oss passa anche da qui: dal sindacato di categoria, dal coraggio di unire le voci, di credere nella propria professione e di ricominciare a lottare per la dignità che spetta a chi, ogni giorno, regge sulle proprie spalle la cura del Paese.
Redazione OssNews24
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