Nursing Up, De Palma: «Due gravi errori di sovradosaggio di vaccini in pochi giorni»
«Accade nella medesima Asl, prima a Massa Carrara, poi a Livorno»
«Chiediamo subito l’apertura di una indagine, per far luce sulla vicenda. Ma intanto abbiamo provato a fare delle ipotesi, attraverso le testimonianze dei nostri referenti abbiamo provato a capire cosa succede in taluni hub vaccinali, dove il super lavoro dei vaccinatori potrebbe fare il paio con la singolarità dei protocolli».
ROMA 21 MAG 2021 – «I recenti fatti di cronaca, avvenuti nella medesima Asl, prima a Massa Carrara poi a Livorno, che hanno visto due donne, una studentessa di 23 anni e una signora di 67 anni, vittime di gravi anomalie nella somministrazione del vaccino anti-Covid, ci preoccupano non poco e meritano l’apertura di una approfondita indagine.
Da sempre il nostro primo obiettivo rimane la salute dei cittadini e naturalmente, come sindacato nazionale degli infermieri, chiediamo di far luce sulla spinosa vicenda al fine di evitare una pericolosa “caccia alle streghe nei confronti” degli operatori sanitari, che comunque, in caso di accertamento di errori umani, si assumeranno le loro responsabilità come è giusto che avvenga. Come noto le due donne, con una sola somministrazione prevista, hanno subito l’inoculazione di ben più di una dose. Sei nel caso della studentessa, quattro nel caso dell’anziana. La ragazza sarebbe ricoverata in serie condizioni, è cianotica, ha perso peso e riporta lividi ovunque e seri scompensi clinici, la signora anziana non presenterebbe sintomi allarmanti ed è stata già dimessa dall’ospedale dove era ricoverata». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Cosa sta succedendo? Si tratta di errori umani dovuti allo stress, al super lavoro a cui gli operatori sono sottoposti in questi mesi? Ricordiamo che il vaccino anti-Covid rappresenta una operazione complessa, per la quale non solo è richiesta quella indispensabile esperienza che solo gli infermieri e i medici hanno, ma soprattutto nell’insieme ci sono una serie di operazioni coordinate ed integrate che portano alla somministrazione finale, fasi tutt’altro che banali. Il vaccino non è una semplice iniezione intramuscolare, come qualche persona poco competente asserisce.
Ad ogni buon fine, abbiamo voluto svolgere anche una indagine accurata con i nostri referenti, e abbiamo preso come base due regioni del centro Italia, la Toscana, dove è avvenuto il fatto, e il Lazio. Abbiamo verificato nelle ultime ore, con cognizione di causa, che visto l’elevato numero di somministrazioni a cui le Regioni stanno sottoponendo i centri vaccinali, molti hub si sono organizzati in modo per così dire “singolare”, ma che potrebbe tuttavia essere funzionale alle esigenze del momento e all’emergenza che stiamo vivendo. Si stigmatizza, soprattutto, il super impegno a cui sono sottoposti gli infermieri a cui viene chiesto in questo momento di raggiungere numeri di vaccinazioni elevatissimi: si parla addirittura di arrivare, da qui a pochi giorni, a 600 somministrazioni/ die, per portare a termine l’immunizzazione di massa entro luglio.
Ma cosa sta accadendo, almeno in alcune regioni? Come si sta pensando di fronteggiare il sovraccarico di vaccini?
Come abbiamo già accennato, è accertato, da nostre testimonianze, che per tenere alta la concentrazione ed evitare errori come quelli accaduto a Livorno Massa Carrara, si applicano protocolli che vedono suddivise le attività infermieristiche per classi di attività.
C’è chi prepara il vaccino e lo diluisce, e c’è chi lo somministra, cosa questa “singolare”, se si volesse tener conto di una delle regole fondamentali vigenti nella pratica clinica infermieristica, ma anche in ambito della responsabilità professionale specifica: di norma non cambia il soggetto che si occupa della preparazione e somministrazione della medesima dose di prodotto, essendo tali azioni considerate interdipendenti ed in continuità tra di loro. Pare tuttavia, che con gli altri protocolli in uso, sarebbe possibile, ed usiamo sempre il condizionale, ridurre maggiormente il rischio di eventuali errori.
Ciò premesso, noi non vorremmo mai che accadesse, ed è per questo che abbiamo aperto una indagine, che alla fine il cerino più corto rimanesse proprio nelle mani degli infermieri. Ansia, stress, numero elevatissimo di somministrazioni e complessità dell’operazione in se stessa, potrebbero indurre in errore qualsiasi professionista, con esiti fatali sia per le persone sottoposte alla vaccinazione che ai fini della responsabilità degli interessati.
Fatte queste necessarie premesse, noi ora ci chiediamo: potrebbero essere stati proprio lo stress e la disorganizzazione (ovviamente usiamo il condizionale), le cause dei due errori commessi in Toscana, a distanza di pochi giorni uno dall’altro?
Consultando attentamente i protocolli sanitari internazionali redatti dall’Oms sulle vaccinazioni anti covid viene messo in evidenza come le parole sicurezza e controllo siano al primo posto. Viene altresì evidenziato che si tratta di un virus nuovo, per il quale non ci sono precedenti a cui far riferimento e in merito al quale si stanno usando tecniche nuove.
Per quanto riguarda i protocolli adottati in Italia, appare evidente, dai grafici riportati dal sito del Ministero della Salute, che il momento della preparazione e quello della somministrazione sono due fasi distinte, tanto è vero che devono avvenire anche a una certa distanza.
Per fare chiarezza sui fatti, i nostri esperti sono a disposizione delle autorità competenti, alle quali chiediamo di far luce sulla vicenda tempestivamente, prima che si verifichino altri casi analoghi, le cui eventuali conseguenze sarebbero nefaste, sia per i cittadini che per i professionisti interessati».
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