Magi (Sumai): ecco soluzioni alla mancanza di specialisti della sanità
“Alla mancanza di specialisti si potrebbe fare fronte. Chiaramente c’è una crisi anche in prospettiva, perché in Italia tra ospedalieri e medici specialisti ambulatoriali circa 40mila andranno in pensione entro 5 anni. Quindi gli specialisti mancano, ma in qualche modo li possiamo andare a recuperare. Come? Nella specialistica ambulatoriale basterebbe aumentare a tutti quanti le ore che hanno, mediamente oggi hanno 23 ore e basterebbe portarle a 38”. Lo ha dichiarato Antonio Magi, segretario generale Sumai, a margine del 53esimo congresso Sumai a Roma dal 10 al 15 ottobre.
“Il che vorrebbe dire avere circa 5.400 nuovi specialisti a 38 ore che lavorano- ha continuato- in questo momento noi abbiamo già un deficit totale di circa 10mila specialisti, quindi una buona metà l’avremmo già trovata. L’altra metà potrebbe essere risolta sicuramente tramite l’aumento delle borse specialistiche, che è stato fatto, ma soprattutto facendo lavorare i colleghi che hanno una incompatibilità per poter andare a lavorare nel Servizio sanitario nazionale, ma che ci potrebbero lavorare.
C’è una legge – la 412 – che blocca i colleghi che lavorano nel privato o nel convenzionato che magari lavorano soltanto poche ore la settimana e che invece potrebbero lavorare anche nel Servizio sanitario nazionale, dare il loro contributo e grazie a loro colmare quel gap che c’è rispetto agli specialisti. Poi bisognerebbe fare una riforma vera che riguarda anche il numero di borse di studio rispetto al numero di iscritti a Medicina.
Ossia far completare quello che è il percorso formativo, per cui chiunque si iscrive a Medicina e poi si laurea in Medicina possa trovare una borsa specialistica oppure un corso di formazione specifico per la medicina generale in modo da completare il suo iter formativo. Questo sicuramente permetterebbe di avere professionisti medici sul territorio, sia specialist ambulatoriali, sia medici di medicina generale e in ospedale medici ospedalieri in numero sufficiente per poter andare avanti e quindi portare in futuro la sanità in maniera che possa essere garantito quel servizio sanitario universalistico che in Italia c’è e che altri Paesi non hanno”.
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