Il silenzio della cura: la voce di un operatore socio-sanitario
L’altro giorno, conversando con un amico, ho realizzato ancora una volta quanto il mio lavoro possa risultare incomprensibile a chi non lo vive dall’interno. Mi ha detto che non riuscirebbe mai a fare quello che faccio io: affrontare la sofferenza altrui, assistere persone in fin di vita, gestire corpi incapaci di muoversi autonomamente. Gli odori sgradevoli, il vomito, le feci, il sangue: sono realtà che allontanano molte persone da questo mondo di fragilità e, sinceramente, non posso biasimarle.
Ma al di là della materia e delle difficoltà fisiche, c’è qualcosa di ancor più complesso e doloroso: la morte di un paziente. Forse il paziente che, negli ultimi giorni della sua vita, hai cercato di assistere con premure particolari, sapendo che gli restava poco tempo. Ti sforzi di rendere più lievi le sue ore, anche solo con un gesto, una parola, un sorriso. Nonostante veda la morte così spesso, è impossibile non nutrire empatia, non sentire ogni addio come una ferita.
Poi arriva quel momento, quel ritorno in reparto, in cui scopri che non c’è più. E lì, per un attimo, resti immobile. Il pensiero ti scuote: “Non è possibile, Dio mio…”. Ma in un istante sei costretto a trattenere quel dolore, a metterlo da parte, perché altri pazienti, altre vite, stanno aspettando proprio te.
Questo lavoro è una continua tensione tra il sollievo di un sorriso e la fatica della sofferenza. Tra l’inevitabile sgomento per una perdita e la forza di tornare in corsia, consapevole che ogni giorno porterà nuovi momenti da vivere con intensità e rispetto.
Indossare la divisa è una promessa di dedizione e di resistenza. Significa impegnarsi a essere forti, a confortare chi si affida a te. Ed è proprio quando la stanchezza ti piega e la mente vacilla che scopri il dono più grande di questo lavoro: l’affetto incondizionato dei pazienti. Perché nell’incontro con la sofferenza e la fragilità nasce qualcosa di raro e prezioso, quel senso di umanità che riempie l’anima e dà significato a ogni giornata.
Matteo Lucio Maiolo
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