Bisogna intervenire subito per comprendere quali siano le cause: errori nelle procedure dei protocolli, carenze organiche, utilizzo errato dei DPI, etc. Intervenire subito per capire appunto le cause che stanno provocano il moltiplicarsi dei focolai; con un aumento dei casi sia tra gli anziani che tra gli operatori sanitari.
Sicuramente va aperta una riflessione perché questa pandemia ha mostrato le fragilità del sistema e dunque si avverte la necessità di riformare il sistema.
Si ha la percezione che nella gestione delle residenze sanitarie assistenziali si stiano riproponendo in questa seconda fase emergenziale da covid 19 le stesse criticità che abbiamo visto nella 1 fase. Qui in Abruzzo, da Teramo All’Aquila; fino ad arrivare a Chieti i focolai nelle strutture RSA e strutture socio sanitarie si moltiplicano e lo spettro di quanto accaduto nella prima fase di Lockdwon nelle strutture RSA per numero di contagi e decessi, aleggia nelle nostre menti.
Oggi possiamo vedere come alcune RSA della nostra regione, risparmiate dalla prima ondata emergenziale, ora sono travolte dalla seconda ondata; contagiando ospiti e operatori sanitari e in alcuni casi (secondo notizie stampe) si segnalano decessi tra gli ospiti.
Ora spetta all’assessore alla Sanità, al Presidente Marsilio e ai Manager delle ASL stabilire cause e responsabilità, verificare le dotazioni organiche, l’applicazione dei protocolli; etc. perché la salute degli anziani e delle persone fragili è un bene prezioso per tutta la comunità e deve essere tutelato come diritto individuale, ma anche come bene collettivo.
Le RSA sono un servizio importante per chi non può essere assistito a domicilio, ma occorre riformarle. Bisognerebbe concepire le residenze come servizi capaci di offrire assistenza anche al domicilio; come un luogo di transazione in cui l’anziano recupera la sua autonomia per poi continuare l’assistenza al proprio domicilio; a “CASA”, evitando sia il rischio della spersonalizzazione, quanto mai presente nelle strutture e sia appunto l’affollamento delle RSA.
Bisogna ripensare il sistema offrendo risposte molto differenziate (per esempio minialloggi e nuclei per diversi gradi di non autosufficienza). Nei piccoli comuni che si stanno spopolando si potrebbero realizzare minialloggi per diversi gradi di autonomia. Un’altra riforma va fatta nella direzione di ridurre le lunghe liste d’attesa per l’accesso e dunque vanno aumentati i posti in convenzione. Soprattutto bisogna, per legge, prevedere un contratto unico nazionale per i lavoratori che vi operano. Basta al Dumping contrattuale. Gli operatori della sanità privata devono avere stessa retribuzione oraria e stessi contributi pensionistici che hanno i dipendenti della sanità pubblica. Basta a stipendi miseri e al taglio dei diritti.
Daniele Leone coordinatore infermiere CGIL FP sanità privata Abruzzo/Molise
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