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“Malattie delle vetrine” è boom di casi. Gli esperti: occhio al colesterolo

Novità della ricerca sulla malattia delle arterie degli arti inferiori (PAD) in un convegno internazionale che si terrà al centro congressi dell’Università Federico II di Napoli il 25 novembre

Aterosclerosi, cuore a rischio con la ‘malattia delle vetrine’Boom di casi (+23%) nell’ultimo decennio.

E con il Covid19 dimezzati i ricoveri e aumento di eventi avversiSi chiama anche PAD (Peripheral Artery Disease, in italiano AOP arteriopatia obliterante periferica), è una forma di aterosclerosi localizzata alle arterie delle gambe che può avere conseguenze serie come l’invalidità permanente e può preludere infarto e ictus.

La diagnosi precoce è fondamentale cosi come la presenza di una rete specialistica. La pandemia ha aggravato la situazione come dimostra uno studio appena pubblicato su ‘Vascular Medicine’ 

Napoli, 25 novembre 2021 – Tanto diffusa quanto poco nota. Molto subdola e pericolosa, eppure decisamente sottostimata.

È l’identikit dell’arteriopatia obliterante periferica (PAD), una aterosclerosi localizzata alle arterie delle gambe, comunemente chiamata anche “malattia delle vetrine” perché chi ne soffre tende a fermarsi spesso mentre cammina, con la scusa di guardare i negozi, ma in realtà solo per alleviare i dolori molto forti agli arti inferiori.

La PAD colpisce 200 milioni di persone nel mondo, di cui 40 milioni nella sola Europa. In Italia la prevalenza della malattia (nelle sue due forme sintomatica e asintomatica) si attesta intorno al 10% nelle persone con più di 40 anni, ma è in crescita: il 23% nell’ultimo decennio.

E il Covid sembra aver accentuato il problema: secondo uno studio pubblicato su Vascular Medicine e condotto durante il primo lockdown in Campania, si è registrato un crollo (-50%) delle ospedalizzazioni tra i pazienti colpiti dalla malattia al suo stadio più grave, e un aumento del 29% degli eventi più avversi della malattia, vale a dire le amputazioni dell’arto colpito.

Di arteriopatia periferica obliterante (PAD) si parlerà nel corso del convegno “The adherence to medical therapy after lower extremities artery disease revascularization”, che si terrà al centro congressi dell’Università Federico II di Napoli il 25 novembre.

“Negli ultimi dieci anni il numero complessivo degli individui che soffrono di questa ‘malattia delle vetrine’ è aumentato del 23% – osserva Giovanni Esposito, presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), professore ordinario di Cardiologia e direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli – e si prevede che il tasso di crescita continuerà a salire, a causa dell’aumento del numero di pazienti diabetici e fumatori, nonché dell’invecchiamento della popolazione.

Nonostante i programmi di prevenzione e sensibilizzazione, infatti, anche Paesi con eccellenti sistemi di sanità pubblica stanno affrontando un aumento della casistica”.La PAD è una malattia subdola, perché di difficile individuazione: “Spesso si presenta senza sintomi precisi e i medici raramente tendono a ricercare un’eventuale sintomatologia ‘mascherata’” – fa notare il prof. Esposito –.

Tuttavia si possono individuare alcuni segnali più frequenti: il più tipico è la claudicatio intermittens, cioè una sorta di zoppia provocata da un forte dolore alle gambe che compare quando si cammina, specialmente in salita.

Il disturbo comincia con una sensazione di pesantezza apparentemente banale, per poi aumentare fino a trasformarsi in fitte simili a crampi, che scompaiono temporaneamente soltanto fermandosi. Di qui il nome comune di ‘malattia delle vetrine’, poiché chi ne soffre tende a fermarsi spesso per alleviare il dolore, con il pretesto di voler fare shopping”.Le più recenti linee guida prevedono per il trattamento dell’arteriopatia periferica obliterante una presa in carico e una gestione multidisciplinari.

“L’ideale sarebbe un centro vascolare multidisciplinare, possibilmente accreditato, il cui nucleo fondamentale sia composto da un angiologo/medico vascolare, un chirurgo vascolare e un cardiologo/radiologo interventista” – osserva il prof. Eugenio Stabile, associato di Cardiologia e direttore dell’UOC di Cardiologia dell’ospedale San Carlo di Potenza –. Il team multidisciplinare è essenziale per definire il percorso terapeutico medico e/o chirurgico, in base alle comorbidità e alla fragilità del paziente, nonché alle sue esigenze e al grado di invalidità generato dalla PAD.

In funzione del quadro clinico e in considerazione di queste esigenze, la presa in carico all’ingresso in ospedale o nel setting ambulatoriale sarà definita nel Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) e potrà essere effettuata dall’angiologo/medico vascolare o dal chirurgo vascolare, che hanno precedentemente definito le priorità e l’appropriatezza dell’iter nelle differenti situazioni”. 

Approfondimento

I numeriIl maschio è più frequentemente colpito anche se questo squilibrio tra uomini e donne va riducendosi con l’aumentare dell’età. La malattia registra un incremento esponenziale dopo i 65 anni, per raggiungere il picco della sua incidenza superati gli 80.

La prevalenza della sua forma più grave (denominata ischemia critica degli arti inferiori, che può condurre anche all’amputazione), è fortunatamente più bassa, intorno allo 0,4%, con un’incidenza stimata in 500 nuovi casi per milione che aumenta nelle persone con diabete.

La mortalità in Europa occidentale si attesta globalmente a 3,5 per 10000 individui. Uno studio condotto in Italia ha stimato che nei pazienti con PAD sintomatica la mortalità a 2 anni raggiunge il 15%, oltre 4 volte quella della popolazione generale senza questa condizione.

Le cause

Ma perché si viene colpiti dalla PAD? “Le cause di questa malattia sono diverse: anzitutto genetiche, dunque se c’è familiarità con l’ipercolesterolemia; quindi collegate agli stili di vita, se per esempio si fuma, si soffre di ipertensione o non si fa alcun tipo di attività fisica – aggiunge il prof. Eugenio Stabile, associato di Cardiologia e direttore dell’UOC di Cardiologia dell’ospedale San Carlo di Potenza –. Fumo, diabete, pressione alta e dislipidemia sono anche i principali fattori di rischio collegati alla PAD: un incremento di 20 mmHg nei valori della pressione arteriosa sistolica, per esempio, comporta l’aumento del 63% del rischio di PAD”.

La diagnosi

La chiave di volta nell’affrontare questa patologia è la diagnosi precoce. Prima si individua la PAD e più probabilità si hanno di tenerla sotto controllo e minimizzare i pericoli che possono derivarne. “Il primo test cui si ricorre per la diagnosi è il cosiddetto ‘indice caviglia/braccio’, un esame banale che si può effettuare senza problemi anche in ambito ambulatoriale – spiega il prof. Esposito –: consiste nella rilevazione dei valori della pressione prima all’arto superiore e poi a quello inferiore; se risultano diversi tra loro, ciò deve rappresentare un concreto campanello d’allarme per lo specialista.

A questo punto si renderà necessario un EcoDoppler per valutare in modo più approfondito le condizioni della circolazione degli arti inferiori”.

La terapia

Una volta diagnosticata, la PAD va affrontata su più versanti: “Anzitutto si interviene sugli stili di vita, correggendo quindi immediatamente i fattori di rischio come il fumo, l’ipertensione, la scarsa o nulla attività fisica e via dicendo” – sottolinea ancora il prof. Esposito –. Per quanto riguarda la terapia farmacologica, sia nei pazienti sintomatici che in quelli asintomatici sono indicate le statine, arma principale contro l’ipercolesterolemia, associate all’ezetimibe, una molecola che riduce l’assorbimento intestinale del colesterolo; altrimenti in caso di valori ancora elevati, si passa agli inibitori di PCSK9, anticorpi monoclonali che, con una pratica somministrazione ogni 2 settimane, consentono di abbattere i livelli di colesterolo circolante…

Gli antiaggreganti piastrinici sono raccomandati invece nei pazienti in cui si sono manifestati i primi sintomi. Se invece la malattia è in stadio avanzato, si ricorre di solito a un’angioplastica degli arti inferiori”.

Gli inibitori di PCSK9 sono estremamente efficaci contro gli eventi avversi più gravi, come il rischio di ictus, infarto miocardico e amputazione dell’arto, che possono essere ridotti anche del 30%: “Possono essere utilizzati, però, solo su pazienti idonei – precisa il prof. Esposito –. In particolare, su coloro i quali presentino valori di colesterolo LDL ancora troppo alti nonostante il pieno utilizzo delle terapie tradizionali o per intolleranza a queste terapie-.

Questo perché più basso è il colesterolo LDL, meno probabilità ci sono che si verifichino infarti o amputazioni in conseguenza della PAD, anzi i pazienti con PAD, che sono ad elevatissimo rischio cardiovascolare, si beneficiano della riduzione del colesterolo LDL ancora di più dei pazienti affetti da cardiopatia ischemica”.

L’importanza di una rete multidisciplinareLe più recenti linee guida prevedono per il trattamento dell’arteriopatia periferica obliterante una presa in carico e una gestione multidisciplinari.

“L’ideale sarebbe un centro vascolare multidisciplinare, possibilmente accreditato, il cui nucleo fondamentale sia composto da un angiologo/medico vascolare, un chirurgo vascolare e un cardiologo/radiologo interventista” – osserva il prof. Stabile –. Il team multidisciplinare è essenziale per definire il percorso terapeutico medico e/o chirurgico, in base alle comorbidità e alla fragilità del paziente, nonché alle sue esigenze e al grado di invalidità generato dalla PAD. In funzione del quadro clinico e in considerazione di queste esigenze, la presa in carico all’ingresso in ospedale o nel setting ambulatoriale sarà definita nel Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) e potrà essere effettuata dall’angiologo/medico vascolare o dal chirurgo vascolare, che hanno precedentemente definito le priorità e l’appropriatezza dell’iter nelle differenti situazioni”. 

La rete Campana

Da queste necessità, per iniziativa del Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate dell’Università Federico II di Napoli, nasce il “Network per la PAD”, che ha come obiettivo quello di creare un nuovo modello assistenziale per questi pazienti mettendo in rete 16 ospedali campani. In questa regione il Covid ha colpito duro, come dimostra un recente studio pubblicato su Vascular Medicine e condotto durante il primo lockdown su 453 pazienti affetti da questa patologia al suo stadio più grave: a causa della pandemia, infatti, in Campania si è registrato un crollo (-50%) delle ospedalizzazioni tra i pazienti colpiti dalla malattia al suo stadio più grave. Contestualmente, sono aumentate notevolmente (+29%) le conseguenze più gravi della patologia, cioè le amputazioni dell’arto colpito. 

Diventa quindi ancora più importante il Network campano, dove in ogni struttura ospedaliera un’équipe multidisciplinare composta da chirurghi vascolari e cardiologi prenderà in carico i pazienti che vanno incontro a rivascolarizzazione arteriosa – sia essa chirurgica che endovascolare – degli arti inferiori.

“La costituzione del “Network per la PAD” – conclude il prof. Esposito – consentirà di ridurre le ospedalizzazioni di questi pazienti dovute all’insorgenza di accidenti cardiovascolari acuti e aiuterà a ridurre l’impatto sociale delle invalidità attraverso la prevenzione efficace delle amputazioni e, non ultimo, creerà un modello terapeutico all’avanguardia in Campania.

Questo modello sarà capace di mettere in collegamento i vari specialisti con il fine unico di fornire un trattamento integrato e standardizzato che migliori la qualità e aspettativa di vita dei pazienti PAD aiutandoci a rendere non più necessari tanti “viaggi della speranza” fuori regione”.

Redazione InfoNurse

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