L’EMERGENZA NELL’EMERGENZA

“Ferite invisibili di chi è in prima linea”

Inizialmente nessuno avrebbe immaginato uno scenario come quello che stiamo vivendo. Quando arrivò in Italia il covid-19, in ognuno di noi affiorò la paura. Erano ancora vive le immagini di quello che stava succedendo in Cina nei confronti di un virus che non si vede e di cui non si ha ancora una cura.

Una paura che ha porta la soglia d’attenzione ad alti livelli cercando di contrastare il virus diramando istruzioni comportamentali sia per i singolo cittadino che per le strutture sanitarie.

Si sperimentano cure, si cercano soluzioni per non divulgare il virus, ma la situazione è tutt’altro che facile. I casi aumentano come le persone che muoiono ogni giorno.

Questo è quello che Medici, Infermieri e OSS si trovano davanti e che i media evidenziano costantemente. Visi stremati e sguardi impotenti che sottolineano le difficoltà che stiamo vivendo.

I nostri studi ci portano a curare, guarire le malattie e a dare una speranza al paziente, e nonostante non si sia mai pronti a comunicare certe notizie, le nostre conoscenze ci rendono preparati ad un esito negativo.

Purtroppo oggi non è così e ci sentiamo senza armi e impreparati ad un fallimento personale causando uno stress emotivo che ti logora.

Lavoriamo da settimane senza sosta, secondo i ritmi dettati da un’emergenza di cui nessuno conosce la durata con il pensiero dei familiari che ti aspettano e che speri che non varchino mai la soglia del luogo in cui lavori. Tutti fattori che possono causare crolli emotivi.

Abbiamo bisogno di essere ascoltati, supportati e rassicurati: gestire lo stress e conservare l’energia fisica e psicologica è di fondamentale importanza.

Giorgio Nardone psicologo e psicoterapeuta alla domanda “quali saranno gli effetti psicologici a medio e lungo termine su medici e operatori sanitari”, ha risposto

“Possiamo distinguere in due categorie gli operatori sanitari che affrontano questa emergenza: quelli che sono capaci di assorbire gli urti che ne usciranno ancora più fortificati e quelli che non sono in grado di sopportare un carico così importante che ne usciranno massacrati psicologicamente. Per questo dobbiamo offrire un supporto psicologico a chi lavora in prima linea ora, nell’emergenza. Non sentono ancora ciò che stanno provando, se ne accorgeranno più avanti. Le ferite del guerriero si sentono una volta finita la battaglia”.

In questo momento, la cosa importante è proprio quello di avere delle persone in grado di dare un supporto psicologico di tipo terapeutico a chi comincia ad avere dei segnali di cedimento. Se aspettiamo che questo arrivi solo su richiesta, si rischia di arrivare sulla maggioranza dei soggetti quando hanno già maturato una patologia più importante.”

Luigi Pisano
CTS OSS LOMBARDIA

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Antonio Russo

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