Negli ultimi anni la tematica del posto fisso è stata oggetto di riflessione, discussione e immancabile spunto di riflessione per girare film, scrivere libri e pubblicare in prima pagina notizie sui concorsi e sulla partecipazione di migliaia di candidati per i pochi e ambiti posti a tempo indeterminato.
Nel nostro ambito sanitario questo argomento ha ispirato un brillante operatore socio-sanitario nella stesura di un libro da lui ideato: ”Anch’io volevo il posto fisso”.
L’idea nasce dalla proposta e dall’incoraggiamento di colleghi, amici e familiari nel mettere su carta le esperienze vissute nell’ambito lavorativo con un tocco ironico ed esilarante.
Il libro è essenzialmente di natura autobiografica e narra la scalata al posto fisso. E’ ambientato negli anni’80, tempi nei quali le possibilità di ambire ad un posto fisso erano decisamente maggiori. Ed è da quegl’anni che incomincio a partecipare ai concorsi e a mettermi in gioco. Dopo tanti e ripetuti tentativi finalmente la chiamata tanto attesa: un posto come portantino all’Università di Roma. Non vorrei svelare altro ma lasciare la curiosità ai lettori. Posso solo dire che in quelle pagine ci sono gli aneddoti e le storie più divertenti, i sacrifici e i disagi affrontati nei viaggi quotidiani da Napoli verso Roma alle prime luci dell’alba, gli aspetti più reali e che rispecchiano ciò che hanno affrontato e affrontano tanti lavoratori.
Certamente. Quello che ho voluto esprimere è proprio questo: quando una persona vuole raggiungere un obiettivo non ci sono ostacoli. Occorrono determinazione, costanza e grinta per superare le difficoltà giornaliere e sono proprio questi gli ingredienti che aiutano a non mollare.”
Il mio consiglio che ho reso un pò il mio motto è quello di crederci, di mettercela tutta per arrivare alla mèta. Partire dal presupposto che si fallirà è già una sconfitta.
Purtroppo questi episodi sono all’ordine del giorno in molte realtà ospedaliere e virtuali e la mia esperienza pluritrentennale mi ha dato proprio prova di questo. Credo che la soluzione sia unica: fare squadra. La collaborazione è essenziale, così come essere davvero un team, ognuno con il proprio specifico ruolo, in maniera coordinata, con fiducia e rispetto per l’altro.
Assolutamente si. Un tempo la parola ”ospedale” mi faceva paura. Oggi non più perchè fare la propria parte per gli assistiti è davvero gratificante e collaborare con i colleghi con i quali c’è grande stima e amicizia è davvero un piacere.
Chi vorrà leggerlo dovrà farlo con assoluta spensieratezza perchè è proprio questo lo scopo. La lettura è scorrevole, divertente e coincidente con la realtà. Insomma, bisogna leggerlo!
Lorenzo Romeo, grazie per aver condiviso con noi il tuo libro.
Grazie a voi e un saluto ai lettori di Nurse Times!
Anna Arnone
Per acquistare il libro:
www.unilibro.it
www.ibs.it
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