Oss e infermieri un rapporto di collaborazione: quali responsabilità?

La figura dell’operatore socio sanitario, nasce dalla esigenza di migliorare la qualità assistenziale, coadiuvando l’Infermiere, unica figura responsabile del processo assistenziale (D.M. 739/94)

L’attuazione del processo assistenziale, permette la costruzione di un percorso logico, che consente all’infermiere, attraverso un processo decisionale, di attribuire compiti al personale di supporto, e di organizzare il processo assistenziale.

L’OSS è responsabile degli interventi assistenziali da lui svolti, compresi e definiti nel processo assistenziale. L’assegnazione e/o accettazione delle attività sanitarie e sociali dipendono dalle condizioni psico-fisiche delle persone da assistere, condizioni che vengono definite dall’Infermiere.

SOMMINISTRAZIONE FARMACI

L’OSS, sotto la vigilanza e su assegnazione dell’Infermiere responsabile dell’assistenza, aiuta l’utente (NON Somministra farmaci per via endovenosa o intramuscolare) per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e utilizza correttamente apparecchi medicali di semplice uso.

Durante lo svolgimento del lavoro assegnato, l’OSS deve sapere riconoscere evidenti segni di anomalie e di cambiamenti della persona assistita che dovrà tempestivamente segnalare all’Infermiere.

RAPPORTO INFERMIERE – OSS

Il rapporto OSS-infermiere può essere definito quasi come di subordinazione, nel senso che l’OSS può vedersi assegnare delle disposizioni dall’infermiere, il quale mantiene l’obbligo di supervisione e la responsabilità (cosiddetta “colpa in vigilando”).

In ogni caso l’infermiere è responsabile se affida all’OSS compiti non previsti dal profilo professionale di quest’ultimo; in particolare egli non può delegare all’OSS ciò che dovrebbe svolgere personalmente o comunque compiti che richiedono competenze e conoscenze tecniche che l’OSS non ha e non può avere per la formazione ricevuta e l’esperienza acquisita.

RAPPORTO INFERMIERE OSS E COORDINATORE

Il coordinatore è responsabile di tutta l’equipe assistenziale, e si assicura che ogni figura professionale abbia le conoscenze necessarie, per operare con sicurezza all’interno dell’unità operativa, diventa valutatore delle decisioni cliniche prese dall’equipe assistenziale.

RIFIUTO PER LO SVOLGIMENTO MANSIONI SUPERIORI

Nelle strutture sanitarie pubbliche capita spesso che, per carenza di personale infermieristico, gli OSS e gli operatori tecnici svolgano, a seconda delle esigenze del reparto, mansioni nuove di cui non sono stati edotti: né durante il percorso formativo né al momento dell’assunzione.
In alcuni casi si tratta di compiti manuali che non richiedono particolari competenze tecniche e sono per così dire “accessorie” rispetto a quelle ordinariamente svolte. In altri casi, invece, si tratta di compiti che esulano completamente dalla competenza dell’OSS e che, pertanto, questi può rifiutarsi di svolgere.

Qualora l’OSS ritiene di non avere le competenze e conoscenze adeguate a svolgere la mansione assegnatagli, formalmente o di fatto, può legittimamente rifiutarsi di eseguirla.

LE COLPE DELL’INFERMIERE

All’infermiere si possono attribuire una serie di colpe nella gestione del suo rapporto con l’oss:

  • CULPA IN ELIGENDO
    La colpa in eligendo e’ la colpa consistente nella cattiva scelta del soggetto a cui affidare/assegnare/attribuire i compiti.
    Se dal comportamento dell’operatore di supporto dovesse derivare un eventuale danno al paziente, all’infermiere potrà essere mosso un addebito di colpa per aver errato nella scelta della persona affidataria dell’incarico.
  • CULPA IN VIGILANDO
    L’infermiere potrà essere in colpa se omette di esercitare quelle verifiche doverose che sarebbero risultate idonee a impedire il verificarsi di eventi dannosi per il paziente.

ABUSO DI PROFESSIONE

Come in altri ambiti professionali, anche l’OSS può incorrere nell’abuso della professione, quindi anche questa figura potrebbe incorrere in una qualunque violazione e/o penale associata all’attività lavorativa.

L’art.349 del c.p. Abuso di esercizio recita: “Chiunque esercita abitualmente una professione, per la quale è richiesta una specifica abilitazione dello stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi, chi compirà il reato di esercizio abusivo di professione senza essere abilitato incorre in reato di esercizio abusivo di professione, punibile a livello morale (individuale o professionale), o giuridico (civile, penale e amministrativo).
L’art.41 condanna l’abuso di pubblico ufficio o di professione o di arte, tale disposizione è contenuta nell’art. 140-141 del 27 luglio ’34 n. 26.
L’art.100 del RD del 27 luglio 1934 n.126 ancora in vigore, stabilisce che nessuno può esercitare una professione da medico, farmacista o da infermiere ecc. se non si è conseguito il titolo di abilitazione all’esercizio professionale.

Le normative stabiliscono delle regole che ogni figura deve adottare nel proprio contesto lavorativo, obbligando le strutture ad applicare le norme in disposizioni di competenza o funzionalità del servizio, nel non utilizzare figure fuori da ogni contesto operativo, essendo esse soggette alla vigilanza in base all’art. 99-110 del RD del 27/7/1934 n.1265.

Giovanni Recchia

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Giovanni Recchia

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