Sappiamo benissimo come sia fondamentale che l’operatore socio sanitario sappia instaurare un rapporto empatico con gli utenti. Vediamo nel dettaglio cos’è l’empatia e come l’oss può migliorare la propria empatia e sviluppare la capacità di “essere empatico”.
Per sapere qual è il significato di empatia è necessario rifarsi alla definizione.
Il termine empatia deriva dal greco en, “in” e patheia, “sentimento”; il termine pertanto vuol dire “sentire dentro” ed è riferito alla capacità psicologica di sentire l’altro dentro di noi, di riconoscerne le emozioni e vissuti come se fossero nostri in maniera immediata e senza ricorrere per forza alla comunicazione verbale. Le capacità empatiche sono il mezzo attraverso il quale esseri umani e animali percepiscono i cambiamenti degli stati d’animo altrui e mediante il quale possono “essere dalla parte dell’altro” o con l’altro.
Il significato dell’empatia, quindi, fa riferimento in senso più lato a un’importante competenza emotiva, l’elemento chiave di quella che viene definita intelligenza emotiva. Essa si riferisce alla capacità di mettersi nei panni dell’altro, di comprenderne i processi psichici e riuscire a percepire le emozioni, i sentimenti e i pensieri di chi ci circonda.
La nostra capacità empatica ci permette quindi di sintonizzarci con lo stato d’animo o il vissuto di un’altra persona. Infine, il significato di empatia, da sempre ritenuto di carattere esclusivamente psicologico, è stato ricondotto anche all’ambito più strettamente medico. Di recente, infatti, una equipe dell’Università di Parma ha messo in luce il ruolo dei neuroni specchio nella regolazione delle funzioni empatiche nell’uomo e in altri animali.
L’empatia è un modo di comprendere cosa un’altra persona sta provando. La parola deriva dal greco empatia e veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l’autore/cantore al suo pubblico. Nelle scienze umane, l’empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da uno sforzo di comprensione intellettuale dell’altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. Nell’uso comune è l’attitudine di quando si decide di essere completamente disponibile per un’altra persona, mettendo da parte le nostre preoccupazioni e i nostri pensieri personali, pronti ad offrire la nostra piena attenzione.
Il libro di Geoffrey Miller The mating mind difende il punto di vista secondo il quale «l’empatia si sarebbe sviluppata perché mettersi nei panni dell’altro per sapere cosa pensa e come reagirebbe costituisce un importante fattore di sopravvivenza in un mondo in cui l’uomo è in continua competizione con gli altri uomini». L’autore spiega inoltre che la selezione naturale non ha potuto che rinforzarla, poiché influiva sulla sopravvivenza e che alla fine si è sviluppato un sentimento umano che attribuiva una personalità a praticamente tutto ciò che la circondava. L’empatia è ugualmente il cuore del processo di comunicazione non violenta secondo Marshall Rosenberg allievo di Carl Rogers.
Quando si fa riferimento all’empatia come costrutto psicologico non si può non fare riferimento alla definizione di empatia di Carl Rogers, psicologo umanista, fra i primi a occuparsi di capacità empatiche e del suo ruolo nelle relazioni umane.
La capacità empatica non ha a necessariamente a che fare con l’emulazione, che è invece un atteggiamento di ripetizione di atti altrui, anche se può capitare che persone predisposte a emulare gli altri assumano verso questi anche un atteggiamento empatico. Lo sviluppo delle teorie costruttiviste e delle moderne teorie relazionali di stampo psicodinamico hanno contribuito a fornire un contributo ulteriore alla comprensione del meccanismo psicologico alla base dell’empatia. Alla base dell’empatia, secondo questi approcci, vi sarebbe la possibilità di riconoscere nel vissuto altrui vissuti già sperimentati nella propria esperienza emotiva e di vita.
Ad oggi, in ambito psicologico, si distinguono 4 diversi tipi di empatia: empatia comportamentale, emozionale, relazionale, cognitiva.
L’empatia cognitiva fa riferimento alla capacità di umana di comprendere i prototipi cognitivi, le credenze, le ideologie, i valori e le strutture mentali degli altri intorno a noi. In sintesi, con empatia cognitiva si intende la capacità di comprendere pienamente il punto di vista degli altri.
L’empatia affettiva consente di riuscire a percepire il vissuto emotivo degli altri: essa non si limita a farci comprendere il punto di vista degli altri, ma comporta anche un coinvolgimento emotivo. Grazie alla empatia affettiva si è in grado di immedesimarsi e capire profondamente cosa provano gli altri.
A livello anatomico, con l’empatia cognitiva sappiamo che si attivano aree frontali e temporali. L’empatia emotiva risulta invece connessa all’attività di un’altra regione, detta insula, responsabile della rappresentazione emotiva.
Il termine simpatia deriva dal greco sympatheia e più nello specifico da syn, “insieme” e patheia, “sentimento”: significa quindi “sentire insieme”.
Essa fa riferimento alla preoccupazione che si può provare per qualcuno e al desiderio di vedere quella persona raggiungere il benessere.
Questo è spesso dovuto al grado di affinità e condivisione che si intrattiene con quella persona; l’azione di simpatizzare è infatti rivolta ad amici o conoscenti con i quali si ha qualcosa in comune e per questo risulta facile “mettersi al loro posto”, perché solitamente si parte da una base di esperienza comune.
Per questo, la simpatia non prevede la condivisione delle emozioni o quel “sentire dentro” tipico dell’empatia, ossia quella capacità di sentire l’altro dentro di noi, di riconoscerne le emozioni e vissuti come se fossero nostri nonostante sia possibile che noi non li condividiamo o non li abbiamo mai vissuti. L’empatia comporta dunque più sforzi e disponibilità a comprendere una situazione emotiva, anche quando questa è scomoda o drammatica. Per questo motivo, l’empatia di solito si realizza meno con meno facilità rispetto alla simpatia.
L’empatia, caratteristica fondamentale dell’intelligenza emotiva, comporta una serie di lati positivi, sia emozionali che relazionali. I benefici dell’empatia fanno sì che grazie alla sua messa in pratica si possa:
È importante per vivere in armonia, tenere in costante allenamento il muscolo dell’empatia per riuscire a vivere rapporti autentici, caratterizzati da una compartecipazione emotiva e dall’ascolto autentico di sé stessi e dell’altro.
È stato sostenuto che il sistema dei neuroni specchio è coinvolto nei processi empatici.
Un consistente numero di esperimenti effettuati tramite risonanza magnetica e elettroencefalografia ha infatti dimostrato che determinate aree cerebrali si attivano quando si provano alcune emozioni (quali disgusto, felicità, dolore eccetera) o quando si vede un’altra persona che fa esperienza di determinate emozioni.
L’empatia positiva indica la capacità di una persona di entrare in consonanza emotiva con gli altri e dunque essere, per esempio, felici insieme a loro o tristi insieme a loro. L’empatia negativa invece è propria di chi non riesce appunto ad empatizzare con la tristezza o la gioia degli altri, perché il proprio vissuto e le proprie emozioni prevalgono sull’attenzione emotiva che il soggetto è in grado di dare al prossimo.
Per eccesso di empatia si intende quella situazione in cui un soggetto, che mette l’empatia eccessivamente in pratica, arriva a per questo a soffrire.
Quando un soggetto è troppo empatico, tende ad assorbire i sentimenti di chi lo circonda, soprattutto quelli spiacevoli quali la tristezza e il dolore. Assorbendole, se ne fa carico e di conseguenza vive la situazione con peso e con una certa dose di sofferenza. Questa pesantezza e sofferenza che deriva da un eccesso di empatia, rischia inoltre di rendere poco efficace l’accoglienza e l’ascolto dell’altra persona.
Se ci si vuole tutelare in caso di eccesso di empatia, bisogna imparare a distinguere le proprie emozioni da quelle degli altri. Bisogna saper fare un esercizio di intelligenza emotiva, ossia di riconoscere ciò che si sta provando e arrivare a comprendere il motivo per cui la tristezza o la rabbia dell’altro accendono in noi le stesse emozioni. Bisogna poi imparare a distinguere i propri motivi e le proprie emozioni da quelle degli altri. Grazie a questa consapevolezza, si può raggiungere la pratica di una sana empatia.
Ponendo dei confini personali e tutelandosi, non si assorbono più indistintamente tutte le emozioni degli altri; imparare a dire di no e a rimandare il momento dell’aiuto quando ci si rende conto di essere a propria volta appesantiti e non sufficientemente sereni, è il modo migliore per tutelare sé stessi e anche la capacità di aiuto che possiamo fornire al prossimo.
L’empatia nelle relazioni affettive risulta un fattore essenziale. Comprendere pienamente il partner, infatti, dipende dalla capacità di immedesimazione implicita nell’empatia e ha come risultato un grande coinvolgimento nei membri della coppia. I benefici dell’empatia a livello relazionale includono la rapida risoluzione di litigi e incomprensioni, evitando di serbare rancore o provare immotivata irritazione per questioni risolvibili. Tuttavia l’empatia nelle relazioni d’amore può però risultare negativa se esiste una disparità di reciproca comprensione e di ascolto vicendevole.
L’empatia rientra tra le competenze sociali, ossia quelle capacità che impieghiamo per entrare in relazione con gli altri. Chi è empatico riesce a immedesimarsi non solo nei sentimenti, ma anche negli schemi di pensiero altrui (empatia cognitiva) e dunque è capace di considerare i punti di vista e le motivazioni delle persone con cui entra in relazione. Per questo, l’empatia risulta una capacità essenziale nella comunicazione interpersonale e fondamentale per qualsiasi ruolo professionale che preveda la relazione tra persone. Saper usare empatia è infine utile per lavorare con distensione e essere in grado di creare delle relazioni serene con colleghi clienti e persone con le quali si interagisce.
Per ogni professionista sanitario che sia un medico, un infermiere, un OSS, la capacità di risultare empatico è molto importante. Le competenze comunicative di un professionista della salute devono infatti includere delle doti empatiche quali la riflessione e l’ascolto, per riuscire a prendersi cura di pazienti che, soprattutto nel caso di patologie croniche, provano speranze, paure e senso di isolamento.
L’empatia nel rapporto sanitario -paziente deve dunque essere un obiettivo basilare all’interno del patto terapeutico, affinché possano crearsi la fiducia e la stima necessarie per un percorso di terapia. Fare dell’empatia un obiettivo principale nel relazionarsi con i pazienti significa riuscire a osservarlo non solo come “malato” a cui sottoporre regole e ricette ma anche un individuo, con una sua storia sociale, etnica, culturale ed emotiva. Se il medico, infermiere, oss si pongono in maniera empatica rispetto al paziente, questo troverà un individuo umano e compassionevole in grado di guidarlo con dolcezza attraverso il processo di cura.
Redazione OssNews24
Fonte: www.pazienti.it
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