“Da domani con l’abolizione del Superticket il Servizio Sanitario Pubblico ritorna ad essere ‘la prima scelta’ per i cittadini. Per troppi anni molte prestazioni, soprattutto quelle a più basso costo, erano più convenienti da effettuare in privato.
Un’assurdità della quale tutti i cittadini si rendono conto, minando il loro rapporto di fiducia con il SSN e svuotando le casse di quest’ultimo.
Così Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, da sempre attento osservatore dell’equità e delle disuguaglianze presenti nell’assistenza sanitaria; commenta l’abolizione del superticket da dieci euro che da domani sparirà dall’elenco troppo lungo dei balzelli sanitari per i cittadini.
“Una pressione – commenta ancora Aceti – che deve essere ulteriormente alleggerita soprattutto alla luce delle difficoltà economiche che le famiglie stanno già vivendo in seguito agli effetti dell’emergenza coronavirus.
Revisione dei ticket, contrasto alle liste di attesa, innovazione dei modelli organizzativi e delle politiche professionali sono i quattro pilastri sui quali lavorare per potenziare l’accesso dei cittadini al nostro Servizio Sanitario Pubblico”.
Aceti giudica l’abolizione del superticket un provvedimento importante, che ora però deve essere affiancato da ulteriori misure volte a sostenere i redditi familiari; che stanno già facendo i conti con gli effetti negativi dell’emergenza coronavirus sull’economia del Paese.
“Senza considerare” – aggiunge – ”Che l’attuale normativa sulle esenzioni dal ticket per motivi economici prevede che per ottenere oggi l’esenzion; il calcolo debba essere svolto sul reddito familiare dell’anno precedente, cioè quello pre-pandemia”.
Circa 44 milioni in meno rispetto al 2018, anche grazie ad alcuni interventi regionali di riduzione e rimodulazione dei ticket attuati con fondi propri e/o utilizzando il “fondino” nazionale istituito in una precedente Legge di Bilancio.
Continuano ad essere particolarmente rilevanti le differenze di spesa pro capite da Regione a Regione: nel 2019 si passa dai 90,2 euro della Valle D’Aosta, ai 61,9 del Veneto, 59,4 della PA Trento, 58 P.A. Bolzano, 57,9 dell’Umbria, 43,8 della Calabria, 41,5 della Sicilia, 33 della Sardegna.
Complessivamente si assiste ad una crescita della spesa dell’1,2% nelle Regioni in Piano di Rientro e contestualmente ad una riduzione nelle altre Regioni del 3,1%. Praticamente la spesa aumenta proprio in quelle aree del Paese con minori performance sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), minore ricchezza e maggior problemi dal punto di vista dell’occupazione.
“A essere a rischio quindi è ancora il principio dell’equità”, commenta ancora Aceti.
Che spiega: “Il combinato disposto di ticket e liste di attesa rappresenta, anche secondo l’Istat, una delle principali criticità nell’accesso alle cure; accessibilità che rappresenta una delle maggiori sfide del Servizio Sanitario Pubblico soprattutto in questo momento, sia per l’assistenza ai pazienti Covid che per quelli NON Covid; quest’ultimi alle prese anche con la sospensione di parecchie prestazioni durante la fase di lockdown”.
E lancia un appello: “Il ministro della Salute Roberto Speranza tutto questo lo sa bene e ora che tanto ha già fatto cancellando l’iniquità del superticket che rendeva paradossalmente il servizio pubblico meno attrattivo e d efficiente del privato; sicuramente farà un altro passo: così come la base delle norme anti-COVID devono essere uguali in tutte le Regioni, anche i ticket non possono restare una giungla di disuguaglianze per i cittadini”.
Redazione InfoNurse
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