L’altro giorno stavo parlando del mio lavoro con un mio amico, e lui mi disse che non riuscirebbe mai a fare ciò che faccio io…
Non riuscirebbe a vedere gente che sta male o in fin di vita, non riuscirebbe ad assistere persone incapaci di usare gli arti, perché non sopporterebbe l’odore di vomito, l’odore di feci e il sangue gli farebbe impressione…
E sinceramente non lo biasimo, perché tutto ciò non è per niente un bel vedere o facile da gestire…
Ma c’è una cosa più di tutte che fai fatica ad assimilare ed è la morte di un paziente, magari lo stesso paziente che sai che gli resta poco da vivere e cerchi di rendere i suoi ultimi giorni di vita più leggeri possibile, magari con attenzioni particolari, perché è inevitabile nonostante vedi la morte di continuo ad avere un atteggiamento di grande umanità…
E quando ritorni a lavoro e scopri che quella persona non c’è più ci rimani male, rimani basito e nella mente ti dici “non è possibile Dio mio…”. Però dopo un attimo devi accantonare quel pensiero e tornare con la testa nel reparto dagli altri pazienti, un continuo che non ti dà tregua tra fatica, sofferenze e sorrisi strappati, perché è questo ciò che rende intenso questo lavoro…
Perché quando indossi quella divisa sai che devi dare il meglio, e nonostante le sofferenze devi essere forte e di conforto per chi fa affidamento su di te, ed è proprio in questi momenti che ricevi l’affetto dai pazienti.
Matteo Lucio Maiolo
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