Covid, Fials: Non è il ‘Super Oss’ della Regione Veneto a risolvere carenza infermieristica e imbuto formativo

Roma, 30 mar. – Mancano gli infermieri e la Regione Veneto vorrebbe fabbricare un clone che li sostituisca, da formare con un corso di 300 ore: come dire che se prima occorreva una laurea, per giunta a numero chiuso, ora se ne può anche fare a meno. Così l’abuso di professione lo si decide a tavolino in nome dell’efficientismo, che in epoca Covid gode di deroghe specifiche. Questa in sostanza la vicenda che sta destando clamore e polemiche nell’ambiente sanitario con reazioni da parte di ordini, sindacati e stampa specializzata.

“Siamo convinti che la figura dell’operatore socio-sanitario dia e possa dare un grande contributo alla garanzia del diritto alla salute dei cittadini, ma non assegnandogli tecniche standardizzabili e altamente riproducibili solo sulla carta, con un surplus di ore formative che non possono in nessun modo essere equipollenti ad una laurea. La delibera n. 305 del 16/3/2021 parte da un presupposto sbagliato, che è quello della crisi emergenziale legato alla pandemia e alla grave carenza di personale infermieristico. Con queste premesse vi è un alto rischio che l’intento di valorizzare l’OSS, seppur positivo si trasformi in un grave errore”. Così Giuseppe Carbone, segretario generale Fials.

“Basti pensare alla broncoaspirazione del paziente, alla gestione della tracheostomia. Procedure queste – sottolinea – che possono sì essere imparate nella tecnica, ma che richiedono competenze specifiche per la gestione di possibili complicanze. Inoltre, se la responsabilità viene lasciata in capo all’infermiere, (lo stesso infermiere che segue 60-80 pazienti in RSA) a che scopo demando tecniche a rischio all’operatore socio-sanitario? In questo modo il rischio è che ‘il controllo’ venga fatto solo teoricamente e a pagarne le conseguenze siano l’operatore socio-sanitario in primis, se messo nelle condizioni di sbagliare, e infermiere e paziente poi”.

Non è il ‘super oss’ che ci spaventa, anzi. Tant’è che Fials ha molto apprezzato il Ddl n. 2071 sul ‘Riordino del profilo professionale e della formazione dell’operatore socio-sanitario’ presentato in Senato lo scorso 25 marzo da Paola Boldrini, vicepresidente della Commissione igiene e sanità. Ci chiediamo: l’operatore socio-sanitario della Regione Veneto come verrebbe differenziato economicamente e contrattualmente dall’attuale OSS?

“Questa figura fondamentale all’interno dell’equipe sanitaria – avverte Carbone – non deve fungere da toppa alla carenza di infermieri generata da decenni di scelte politiche miopi e scellerate che hanno determinato i tagli alla sanità. Tra l’altro, alla premessa della delibera manca la consecutio corretta che è quella di ricercare la soluzione alla carenza di infermieri, trovando strategie di efficientamento delle risorse attuali (pensiamo al fenomeno del demansionamento) e prospettando soluzioni future da mettere in campo per i prossimi anni”.

“Siamo certi che l’intento della Regione Veneto – conclude il segretario generale della Fials – fosse quello di valorizzare la figura dell’operatore socio-sanitario, d’altra parte è sempre stata tra le regioni più innovative. Ma proprio perché spesso ha fatto da traino per le altre regioni, è doveroso rimettere in discussione parte della delibera coinvolgendo tutti gli stakeholder chiamati in causa”.

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